Per il futuro dei media la parola d’ordine è collaborazione

Questa settimana in RoundUp: il giornalista di Al Jazeera arrestato - e poi liberato - in Germania, e lo stato della libertà d'espressione in Egitto; Google presenta News Lab per "migliorare il giornalismo" e rendersi indispensabile nell'editoria del futuro; nuovi progetti che nascono, per freelance e semplici utenti di internet, altri che si fermano.

di Vincenzo Marino

Il giornalista egiziano arrestato - e liberato - in Germania

Sabato scorso il giornalista egiziano di Al Jazeera Ahmed Mansour è stato arrestato in Germania mentre si stava imbarcando su un volo diretto in Qatar dall’aeroporto di Berlino. Il giornalista è stato fermato a causa di un mandato d’arresto internazionale, spiccato dalle autorità egiziane dopo la condanna in contumacia a 15 anni di prigione emessa nel 2014 dal tribunale del Cairo. Mansour è accusato di tortura durante le proteste di piazza Tahrir del 2011, accuse che il giornalista rigetta contando anche su alcune testimonianze filmate.

Al Jazeera, testata per la quale Mansour lavora, ha parlato di imputazioni assurde e infondate, basate su motivazioni politiche. L’emittente ha successivamente lanciato una raccolta firme diretta alla cancelliera Merkel affinché liberasse il giornalista, superando le 21mila adesioni. Il fermo di Mansour è arrivato a poco tempo dalla visita ufficiale del presidente egiziano Al Sisi in Germania, durante la quale Merkel ha espresso preoccupazioni sullo stato dei diritti umani in Egitto, ma anche sottolineato la necessità di un’apertura verso il paese, considerato partner cruciale per la lotta al terrorismo. Il fermo del giornalista, in Germania, ha provocato forti critiche.

Questa settimana Mansour è stato liberato dalle autorità tedesche: secondo un portavoce del Pubblico Ministero, sarebbero entrate in gioco questioni “politiche e diplomatiche che non potevano essere ignorate”, e che avrebbero portato allo scioglimento dell’ordine restrittivo.

Il governo egiziano accusa da tempo Al Jazeera e il Qatar - paese nel quale ha base l’emittente - di supportare i Fratelli Musulmani, fazione ostile al presidente Al Sisi e considerata dalle autorità locali come organizzazione terroristica a seguito della deposizione dell’ex presidente Morsi nel 2013. Numerosi giornalisti di Al Jazeera, in questi mesi, sono stati costretti alla detenzione dalle autorità egiziane anche per più di 400 giorni.

La libertà di stampa in Egitto è attualmente messa a dura prova dal governo di Al Sisi: ad oggi l’industria mediatica nazionale sembra somigliare più alla struttura propagandistica di uno stato militare, che alla rappresentazione di un sano un sistema dei media in un regime democratico. La censura e l’intimidazione nei confronti dei giornalisti basa la propria forza su un presunto e decantato “interesse nazionale”, che tenta di soffocare ogni notizia di criticità e tensioni nel paese: quasi tutti i giornalisti uccisi o imprigionati nel dopo-Morsi, infatti, sarebbero stati fermati nel pieno della loro attività di racconto di proteste. In totale, almeno sei giornalisti sarebbero stati uccisi dall’ascesa al potere di Al Sisi.

Il News Lab di Google e la battaglia per i video

La notizia della settimana, nel mondo dei media digitali, è sicuramente il lancio di News Lab da parte di Google. Con News Lab l’intento di Mountain View - come si legge dal post di lancio - è “collaborare con giornalisti e imprenditori per aiutarli a costruire il futuro dei media”. In tre modi: rendendo accessibili alle redazioni tutti gli strumenti messi a disposizione dall’azienda, spiegando come usarli al meglio; producendo dati e contenuti sui quali lavorare; lavorando su una rete di programmi incentrati sul futuro della professione e sui temi dell’etica professionale.

Per questo sono stati messi in piedi alcuni progetti concreti. C’è per esempio la First Draft Coalition, formata da un gruppo di agenzie specializzate in crowdsourced journalism come Storyful, Bellingcat e Reported.ly, che contribuiranno alla formazione di un sito di verifica di news e condivisione di tecniche di fact checking.

C’è, ancora, The Witness Media Lab, che produrrà una serie di progetti sui diritti umani. E infine c’è YouTube Newswire, una joint venture fra Storyful e la piattaforma di video di Google, che si specializzerà nella verifica e diffusione di contenuti amatoriali provenienti dai social media, e agirà come una sorta di agenzia che segnalerà questi prodotti - potenziali news già verificate da loro - alle testate.

In sostanza, Google promette di fornire dati e contenuti ricavati dalle sue app (Fusion Table, Earth, Map, YouTube e Search) per facilitare il lavoro giornalistico e proporsi come miglior alleato digitale “sul campo” per i nuovi media - in quest’ottica, da segnalare anche il lancio del nuovo Google Trend, che dovrebbe aiutare giornalisti (e non) a comprendere quali sono le keyword e le notizie più cercate su Google. In pratica, come riassume Ruth Reader su VentureBeat, “Google vuole insegnare ai giornalisti a usare le sue tool”. Ma non solo.

“Facebook, Apple, Snapchat, e Twitter sono ormai dentro alla competizione per cambiare il futuro dell'informazione digitale, dalla creazione dei contenuti al loro consumo”, scrive Alyson Shontell su Business Insider. “Con News Lab, adesso anche google è della partita”. L’idea di creare questa collaborazione con Storyful, acqusita a fine 2013 da NewsCorp, è un chiaro segno di come la società di Mountain View voglia diventare in qualche modo parte attiva nello scenario giornalistico, rispondendo alle collaborazioni che sempre Storyful nei mesi scorsi ha messo in piedi con Facebook (FB Newswire), e di recente anche con Youku, una piattaforma di videosharing particolarmente popolare in Cina. Progetti non molto diversi ma uniti da un elemento in particolare: i video.

Il comparto video, come visto, sembra infatti destinato a mangiare una fetta molto larga del consumo di notizie online (e mobile), animando un intero mercato. È di qualche settimana fa il dato della forte crescita di Facebook come piattaforma di visualizzazione e condivisione di video online, numeri che in questi giorni vengono confermati da una ricerca di Ampere Analysis, che stima, per il 2015 di Facebook, un ammontare di visualizzazioni video pari a ben due terzi del totale di quelle di YouTube.

Ne scrive questa settimana Dylan Tweney su VentureBeat: secondo Ampere, su 10mila intervistati fra Europa e Nord America, il 15 percento degli utenti avrebbe visto video su Facebook nello scorso mese - e fra questi, un sesto non avrebbe mai aperto YouTube nello stesso periodo preso in esame. Da qui, probabilmente, anche l’urgenza da parte di Google di ripensare le proprie strategie per la propria piattaforma video.

In Other News”: Talent Network, Atlas, Circa

Tra i progetti lanciati questa settimana, c’è da citare anche Talent Network del Washington Post, una piattaforma messa a disposizione dalla testata che sarà “per metà social network e per metà job board”, si legge su NiemanLab. L’idea è quella di facilitare il processo di assegnazione di articoli ai freelance, e l’invio di proposte alla redazione da parte di questi, creando un luogo comune nel quale editore e potenziali collaboratori possono incontrarsi, valutarsi e proporsi idee a vicenda.

Quartz, del gruppo The Atlantic, questa settimana ha invece lanciato Atlas, un verticale dedicato esclusivamente a grafici e tabelle. “Charts are our cat photos”, ha spiegato l’Executive Editor Zachary M. Seward introducendo il progetto. L’intenzione di Quartz, però non è solo fare da deposito per tutte le infografiche del gruppo - che ammontano quasi a metà dei contenuti prodotti finora: la particolarità di Atlas sarà la possibilita di cercare contenuti categorizzati per topic, così da ritrovare immediatamente in termini grafici l’argomento di cui si sta cercando qualche dato, e arricchire istantaneamente la propria discussione o articolo con una tabella interattiva e embeddabile.

Circa invece - della cui crisi avevamo parlato qualche settimana fa - dopo un breve periodo di silenzio ha deciso di interrompere a tempo indefinito il proprio servizio, che prevedeva aggiornamenti e rassegne per micro-unità informative dei principali fatti della giornata, principalmente per mobile. In un post di commiato su Medium, il CEO e cofondatore di Circa Matt Galligan ha spiegato che l’assenza di risorse economiche adeguate è stata esiziale per le sorti del progetto. L’editor-in-chief Anthony De Rosa, sul suo sito, ringrazia tutti i membri della redazione - condividendo i loro contatti lavorativi - per aver provato a “costruire un prodotto che ha creato dal nulla una categoria tutta nuova”, finché “non sono finiti i soldi”.