La diffamazione in rete

Sala Priori, ore 15.30

L’avvento dell’era di Internet e dei social network ha messo in risalto nuove problematiche in tema giurisprudenziale, soprattutto su questioni legate alla diffamazione, ai reati d’opinione e alla determinazione della sottile linea di discrimine tra la libertà di espressione e le attività illecite.
L’avvocato Francesco Paolo Micozzi ha così chiarito come spesso vengano equiparate, in maniera errata, la diffamazione a mezzo stampa e quella a mezzo internet, sottolineando come quest’ultima non sia una prateria senza diritti, ma un luogo in cui è possibili essere puniti per reati di diffamazione aggravata. “Negli ultimi anni, in Italia, si è tentato di far passare il concetto errato che Internet sia un luogo dove tutto è permesso e dove nessuno possa essere punito. Ciò solo per proporre leggi bavaglio che limitino la libertà di espressione, il diritto di cronaca, di satira e di critica. Tentare di equiparare la diffamazione a mezzo stampa e quella a mezzo internet è giuridicamente errato; anche la Corte Costituzionale ha ammesso le differenze tra stampa e web e tra una pubblicazione a stampa clandestina e un blog”. Dunque, le differenze sono sostanziali e i pericoli di una forte limitazione della libertà d’espressione pure. Sarebbe, invece,  giusto approvare leggi, come in Gran Bretagna, che chiariscano tali differenze ma in maniera ragionata e non emotiva come per il caso Sallusti finito, poi, nel dimenticatoio”.
A proseguire la discussione, l’avvocato e Presidente del Circolo dei Giuristi Telematici, Giovanni Battista Gallus che ha illustrato i nuovi metodi di diffamazione in rete come i troll, i flame wars e gli hate speech e quali sono le novità giurisprudenziali in merito: “I nuovi diffamatori della rete postano messaggi deliberatamente ostili e provocatori, in maniera diretta o indiretta e potrebbero essere accusati di ingiuria , diffamazione, molestie e stalking. Il condizionale è d’obbligo perché la portata di tali comportamenti, eventualmente offensivi e ingiuriosi, vanno considerati caso per caso e in relazione all’Art. 21 e all’Art. 16 della Costituzione. Un esempio è dato dalla sentenza della Corte di Cassazione che non considera perseguibile per molestie un soggetto che invia, attraverso messaggi privati sul web, offese o provocazioni ad altro utente”. Diverso è il discorso che riguarda le hate speech e l’incitamento all’odio collettivo, anche in maniera indiretta, sul web. Come spiega Gallus: “Siti negazionisti, neonazisti e che incitano alla discriminazione razziale, etnica e religiosa sono stati chiusi o limitati nelle loro pubblicazioni da ordinanze dei tribunali; penso a Stormfront e Holywar. Del resto anche tra le condizioni d’uso di Facebook si fa esplicito riferimento al non ledere, intimidire o molestare gli altri utenti e non pubblicare contenuti pornografici e offensivi”. Gallus conclude il suo intervento dando qualche piccolo consiglio a chi si trova ad avere a che fare con i troll: “Il mio consiglio principale è quello di non alimentare i troll, di usare sistemi di moderazione dei commenti, sia automatici che volontari, e soprattutto dotarsi di una maggiore dose di buon senso”.

Fabio Marcarelli