Il futuro dei media è in Africa

Sviluppo tecnologico, accesso a internet sempre più diffuso e ottocento milioni di persone con un telefono: ecco uno dei più importanti scenari giornalistici al mondo.

Solo 14 anni fa, in una sua celebre copertina, l’Economist liquidava l’Africa come “terra senza speranza”. Oggi, invece, il Festival ospita un panel che descrive l’Africa come una delle realtà più promettenti nel campo dei media grazie a un mercato ricco di opportunità e foriero di innovazioni.

È sicuramente difficile fare un discorso generale su un continente che comprende 54 Stati dalle storie diversissime e con una superficie totale di 30 milioni di chilometri quadrati. Possiamo però individuare alcuni trend comuni nei paesi subsahariani, ieri in coda in ogni classifica sullo sviluppo e oggi tra le economie più vitali al mondo. La prima parola d’ordine è dunque crescita: l’Africa è un continente sempre più popoloso e per questo sempre più giovane. La popolazione, inoltre, sta diventando sempre più ricca grazie alla maggiore accessibilità delle risorse e alla straordinaria crescita economica di alcuni paesi chiave come il Kenya: nel suo intervento Mark Kaigwa, fondatore di Nendo, sottolinea come la classe media in Africa sia addirittura più ampia che in Cina.

Secondo Justin Arenstein, ex giornalista e ora imprenditore nel campo dei media in Sudafrica, la forza del giornalismo africano sta nella sua vicinanza al pubblico. I media africani, infatti, cercano costantemente un contatto diretto e provano davvero a capire quali siano le paure dei cittadini: l’aspirazione è quella di migliorare concretamente le loro vite fornendo strumenti che aumentino la democrazia e l’accesso alle risorse. Arenstein aggiunge che è "lontano dalla pornografia dei dati che si sviluppano strumenti nuovi": a fonti inaccessibili e limiti tecnologici, il Ghana risponde con reportage realizzati a partire dalle segnalazioni via sms dei lettori e il team AfricanSkyCAM in Kenya investe in progetti all’avanguardia come l'utilizzo di droni per raccogliere più notizie. Niente di più diverso dal giornalismo tradizionale occidentale, oggi sommerso da un ammasso ingestibile di dati, e in cui il mercato è saturo. In Africa invece, anche se solo il 20% della popolazione è attualmente consumatrice di notizie, i numeri non potranno che aumentare data la continua espansione dell’accesso a Internet nelle case e lo sviluppo tecnologico più in generale.

Protagonista di questo sviluppo tecnologico sono i cellulari: l’Africa ospita un mercato telefonico in grande crescita con circa 800 milioni di sim in circolazione per un miliardo di abitanti. La diffusione di Whatsapp in Africa è, secondo Mark Kaigwa, uno degli aspetti più promettenti nel campo dell’informazione: senza la necessità di iscrizioni o login, come su Facebook e Twitter, quest’app è uno straordinario strumento di comunicazione tra pubblico e redazioni. Uno show televisivo keniano, ad esempio, invita il pubblico a inviare foto di automobilisti che commettono crimini stradali per sbeffeggiarli in onda. Nel 2013, inoltre, le elezioni presidenziali e l’attacco al Westgate hanno dimostrato che il legame tra i media e il loro pubblico è sempre più solido. In entrambi i casi, infatti, il coinvolgimento dei kenioti, che hanno inviato foto, aggiornamenti live o opinioni ha dimostrato che è possibile informare in modo diverso.

La sfida per i media africani - secondo Amadou Ba, CEO dell’African Media Initiative - è ora quella di puntare non solo sullo sviluppo tecnologico ma anche su una rinnovata etica giornalistica per avere maggiore impatto sul pubblico e garantire qualità.

Claudio Cesarano