Mafia made in Germania: inchieste transnazionali

Nella prima giornata del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, la Sala del Dottorato ha ospitato un atteso incontro che ha visto protagonista l’inchiesta transnazionale “Mafia in Deutschland” realizzata dal Funke Mediengruppe, Der Spiegel, WDR tv, IRPI e Grandangolo, giornale locale della provincia di Agrigento.

Ospiti del panel, David Schraven del Funke Mediengruppe, che ha illustrato come è nato il progetto. “Siamo partiti dalla convinzione del mio paese che la Germania è immune alla Mafia. Noi volevamo dimostrare che non è così, e che al contrario, in Germania la mafia sta vivendo un momento di estremo benessere”.

Dai fatti di Duisburg, dove nel 2007 la mafia uccise per la prima volta in territorio tedesco, l’attenzione dei giornalisti è diventata sempre maggiore, in correlazione anche al fatto che per la legge tedesca appartenere “a un clan mafioso” non si costituisce come reato. “In Germania i mafiosi si nascondono e l’opinione pubblica di solito pensa che i boss vengono solo per regolare i conti e non per affari. Questo è del tutto sbagliato: la mafia viene in Germania proprio perché trova terreno fertile per i suoi affari economici.

Sapendo questo abbiamo deciso di fare un analisi”.

Nel 2011, infatti, la polizia tedesca pubblicò un dossier di 300 pagine con prove e documentazioni di attività mafiose nel territorio tedesco. Ma perché la Germania è così attraente per la criminalità organizzata?

A questa domanda, risponde Anna Maria Neifer di  Westdeutscher Rundfunk, principale canale televisvo della westfalia. “I clan vengono in Germania a depositare il denaro che guadagno in italia. Nel nostro paese non si è tenuti a dichiarare la provenienza dei soldi, di conseguenza il riciclo di denaro sporco è molto facile.” I due giornalisti tedeschi hanno realizzato un database con più di  1200 persone che sono state collegate alla mafia - in particolari modo alla n’dragheta - per traffico di droga e armi. Inoltre, 230 clan sono stati censiti e collegati tutti sempre alla n’dragheta. “Per avere un quadro più chiaro, abbiamo cercato di identificare i confini familiari e il contesto che questi clan si sono creati nella società tedesca. La cosa sorprendente è la scoperta di collaborazioni tra mafiosi e tedeschi, nonostante un etica di vivere e sociale totalmente diverso”.

L’analisi del database ha evidenziato l’attività dei vari clan: “i diversi gruppi mafiosi collaborano insieme, organizzando la divisione del territorio. Le autorità tedesche hanno calcolato che ogni cinque pizzerie, una è collegata al riciclaggio denaro sporco.”

Ma la giornalista tedesca sottolinea anche il grande limite, al momento della nascita, di questo progetto: “Noi eravamo solo media tedeschi e quando di solito chiamiamo i nostri colleghi in italia non riceviamo quasi mai informazioni chiare”.

Fondamentale è stata, infatti, la partecipazione di

Giulio Rubino e Cecilia Anesi, giornalisti per IRPI - Investigative Reporting Project Italy. Rubino spiega quanto sia importante “il controllo della strada”. “La strada è parte della loro rete di potere. Si parte da questo per arrivare alle aziende più grandi. Per trovare maggiori info, dati anche i numerosi casi di omonimia, siamo andati nei piccoli paesi siciliani per ricomporre tutto il puzzle. Abbiamo avuto anche un grande aiuto dai giornalisti locali come Giuseppe Castaldo, giornalista della testata agrigentina Grandangolo.”

“L’attività principale della mafia in Germania viene chiama Baumafia, e si collega direttamente al settore edile” afferma Cecilia Anesi che continua:  molti appartenente ai clan fuggono solo da rappresentanti, da noi chiamati proxies, ma che non sono la mente criminale. Il secondo livello sono i cosiddetti pickers: più importanti nella linea di comando, con il duplice ruolo di contabili. Successivamente ci sono i Baumafia CEO’s, gli amministratori degli affari mafiosi. A capo di tutto ciò abbiamo identificato Calogero di Caro che aveva un ruolo fondamentale nel controllo delle varie famiglie e del territorio, essendo capo mandamento di Mannheim e anche di Agrigento. Questo personaggio è stato ucciso, secondo alcune fonti, per mandato di Matteo Messina Denaro”.

A concludere l’incontro, Anna Maria Neifer sottolinea come la mafia sia entrata nel sistema tedesco: “Più di 400 attività nella sola Westfalia, anche molto famose, sono collegate alla mafia e nonostante prove schiaccianti esse continuato a negare. Alcuni magistrati hanno anche affermato che il sistema edilizio tedesco è totalmente invaso da infiltrazioni mafiose che crescono di anno in anno, con queste aziende nella più totale illegalità, evadendo tasse e aumentando i loro affari incontrastate.”

Daniele Palumbo