EBOLA: OLTRE LA NOTIZIA

Si è parlato tanto di Ebola ma le informazioni che i media hanno dato sono state sufficienti e corrette? Di questo si è discusso durante l'incontro “Ebola: Oltre la notizia” che ha avuto luogo il 16 aprile, alle 16.30, presso la Sala del Dottorato. Sono intervenuti Lou del Bello, SciDev.Net, Sarah Bosely, The Guardian, Charlie Cooper, The Indipendent, Geraldine O'Hara, Medici senza frontiere e Kate Thomas, Ebola Deeply. In collegamento via skype è intervenuto Lawal Bakare, co fondatore e CEO Ebola Alert.

Il virus Ebola è diventato un fenomeno mediatico di cui tutti i giornali hanno parlato. Ma, nonostante la grandissima mole di informazioni, molto spesso le notizie riportate dai giornalisti erano incomplete e inesatte. Compito dei corrispondenti è quello di riconoscere la loro inesperienza nel settore è affidarsi ad esperti che possono spiegare al meglio la diffusione del virus.
In questo senso, le Organizzazioni Non Governative hanno giocato un ruolo fondamentale offrendo ai giornalisti gli strumenti necessari per capire cosa è esattamente il virus dell'Ebola e in che modo si è diffuso.

La crisi del virus era scoppiata già nel marzo del 2014 ma la paranoia eccezionale è montata ad agosto quando i media hanno capito che quello che accade lontano da noi, non è poi cosi distante. Infatti, il primo accenno ad un interesse mediatico internazionale è stato quando si sono ammalati alcuni americani e britannici, quando il mondo occidentale ha capito di non essere poi così al sicuro.
Pochi sono stati i giornali europei che hanno capito immediatamente l'importanza del virus Ebola. Tra i primi, The Guardian che ha finanziato numerosi progetti di ricerca. Sarah Bosely, giornalista della testata inglese, ha potuto raccontare l'emergenza dalla Sierra Leone grazie al sostegno del Guardian.

Niente sostituisce la presenza in loco e la possibilità di guardare con i propri occhi per raccontare l'emergenza. Questo è successo a Geraldine O'Hara, medico britannico, che ha lavorato in un centro di trattamento per l'Ebola in Sierra Leone. Lì ha potuto raccontare le storie delle persone che curava e nello stesso momento, tramite una trasmissione radio, cercare di diffondere in Gran Bretagna le giuste informazioni sul virus. “I giornalisti devono dare corrette informazioni, spegnere i focolari – ha dichiarato il medico – Quando si raccontano le storie delle persone contagiate, è importante assicurare la privacy dei malati per evitare che le loro vite vengano stigmatizzate”

In tutto il mondo, per molto tempo, si è creduto che ci fosse una scarsa connessione tra la vita quotidiana e l'emergenza Ebola. Charles Cooper ha dichiarato che “Come giornalista, molti mi chiedevano: E adesso che succede? Mi devo spaventare?” come se il virus fosse solo un problema di salute personale e non un allarme mondiale”. Tutto questo dimostra il grande ruolo dei media nella creazione di un'opinione pubblica informata dei fatti. Le persone credono a chiunque abbia un minimo di credibilità come ad esempio quando è stata diffusa la notizia che l'Ebola si potesse trasmettere per via aerea. “Anche con l'aviaria del 2009, si parlava di milioni di morti e la cosa non si è dimostrata vera” ha concluso il giornalista britannico.

Proprio in questo senso, l'iniziativa Ebola Alert su Twitter è stata una svolta per i media. Il progetto del dottor Lawai Bakare, che vive in Liberia e di professione fa il dentista, nasce dall'idea che proprio attraverso i social network si possa combattere la cattiva informazione. I media hanno prove scientifiche, gestito le voci di corridoio e diffuso procedure standard utilizzabili dai medici. “In questo modo inviavamo informazioni di base preventive come se fossimo un centro stampa – ha detto Bakare, in collegamento Skype - Quando l'Ebola è arrivata in America, il nostro servizio è uscito fuori dai nostri territori”. Ora il profilo Twitter ha oltre 15.000 follower.

Nel momento in cui i media alimentano l'isteria e la preoccupazione, i giornali dovevano dare più dettagli e combattere i rumors. E per dare voce alle storie, molte volte, c'è bisogno di altri mezzi, qualcosa che non venga bloccato dagli editor.

Infine, ultimo argomento di discussione, è stata la continua stigmatizzazione dei contagiati di Ebola. E non solo: tornare da un viaggio in Africa vuol dire essere guardato con diffidenza.
Ancora una volta, l'informazione deve giocare un ruolo importante.

Daniela Larocca