Turchia: crisi dei media e crisi della democrazia

Con Baris Altintas (P24), Murat Coban (vicedirettore P24), Canan Coskun (Cumhuriyet), Kadri Gursel (Al-Monitor.com), Rachel Jolley (direttrice Index on Censorship), Marina Petrillo (Reported.ly)

148esimo posto nel mondo per libertà di stampa, un regime che gestisce direttamente i media, titoli identici per tutte le testate. Questa la situazione in cui versa la Turchia sotto il regime di Erdogan. Lo stato di salute della libertà di stampa in Turchia è stato descritto dai principali esponenti del giornalismo turco nella Sala del Dottorato di Perugia in occasione di #ijf16. La situazione attuale vede la stampa controllata da centri di potere afferenti al regime e ritorsioni su giornalisti oppositori del regime. Basti pensare che nel 2015 sono stati licenziati circa 500 giornalisti su pressione del governo, tra questi lo stesso Gursel licenziato a causa di un tweet critico sulla politica condotta da Erdogan nei rapporti con la Siria. Si è giunti così a liquidare un’intera generazione di giornalisti. Il governo utilizza diversi sistemi per bloccare i media secondo quanto riferito dai partecipanti, come il trolling degli oppositori o la riduzione della banda larga per rendere l’accesso ad internet più arduo. La status quo ha indotto a cercare mezzi di comunicazione alternativi quali l’informazione online che, pur non essendo immune alla censura attraverso la chiusura dei siti di informazione, non impedisce di aprirne di altri o di servirsi di Facebook o di Youtube per aggirare la censura.
Al panel è intervenuta anche Canan Coskun, la giovane giornalista su cui in Turchia pende una richiesta di 23 anni di reclusione per aver insultato pubblici ufficiali nello svolgimento delle loro mansioni, dopo aver rivelato che importanti ufficiali giudiziari turchi sono riusciti a comprare abitazioni scontate da una società immobiliare pubblica. “Stiamo cercando di sopravvivere alla Turchia di Erdogan”, ha dichiarato la giovane reporter, “oggi stiamo vivendo in un’epoca fascista”. In Turchia i tempi floridi di Gezi Park sono ormai andati, il popolo sfiduciato non è più disposto a scendere in piazza. L’Europa stessa non ha fatto quel che avrebbe dovuto. Non si è dimostrata all’altezza quando ha rivelato il rapporto di adesione all’UE da parte della Turchia solo dopo le elezioni turche, rafforzando così il potere di Erdogan.
La tendenza al sistema totalitaristico è oggi il problema principale della Turchia, le cose potranno migliorare solo se il potere sarà contenuto nell’alveo costituzionale. La nuova Costituzione si preannuncia tuttavia una non-Costituzione in quanto eliminerà pesi e contrappesi e conferirà più poteri a chi già ne possiede, secondo quanto paventato dagli interlocutori. “L’unico modo per lottare contro questa forma di oppressione è la solidarietà globale”, ha infine concluso Altintas.

Leonardo Vaccaro