La crisi del giornalismo italiano (e della politica)

“Abbiamo smontato il meccanismo dell'informazione per poi chiederci: oh cazzo, e ora come si rimonta?”. Enrico Mentana sintetizza con questa battuta il problema del giornalismo italiano, di fronte al pubblico radunatosi numeroso in Sala dei Notari per assistere al talk tra il direttore del TgLa7 e Marco Damilano, vicedirettore de l'Espresso. I due speaker hanno provato a tirare le fila della narrazione di una crisi che da anni sembra stringere informazione e politica nella stessa morsa. L'incontro è stato moderato da Arianna Ciccone, peraltro co-fondatrice del Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia.
“Quello del giornalismo è un tramonto iniziato da tempo”, ha osservato Mentana “se ne parlava già prima della crisi dei quotidiani cartacei. Non sto parlando della crisi dal punto di vista economico: il vero cambiamento riguarda il digitale e il post ideologico. Per la prima volta c'è una generazione che ripudia in blocco il sistema politico e giornalistico, ma l'informazione è ancora fatta dalle stesse persone di prima. Il Corriere della Sera 140 anni fa era la novità; purtroppo i giornali cartacei vengono ancora fatti nello stesso modo di allora, e questo è un problema enorme”. “L'informazione di oggi è spezzettata, atomizzata”, ha spiegato Damilano. “Il lettore legge i vari pezzetti di informazione e pensa di sapere tutto. In realtà ci sarà sempre bisogno di qualcuno (il giornalista) che unisce i puntini, che ricuce i pezzetti. Il giornalismo oggi vive una fase di delegittimazione totale da parte del pubblico e al tempo stesso viene attaccato dal mondo della politica, che non si limita più a subire le sue iniziative come nel film con Humphrey Bogart (“è la stampa bellezza”). Il suo spazio si sta quindi riducendo sia dall'alto sia dal basso”.
Nell'individuare i responsabili di questa crisi, Mentana punta il dito anche contro il web. “L'informazione su internet ha come conseguenza strutturale la perdita del fuoco, non consente di vedere la realtà secondo una prospettiva adeguata. Inoltre, il web è stato preso troppo sul serio dall'informazione: non ponendo fin da subito meccanismi di pagamento sono stati regalati gli articoli e le notizie, e da lì non si è più tornati indietro”.
“A proposito del rapporto tra giornalismo e politica”, ha commentato Arianna Ciccone “il primo ministro Renzi ha parlato della copertura giornalistica dell'indagine di Potenza in termini di 'pezzi di inchiesta fatti filtrare un po' alla volta'. Cosa ne pensate?”. “I giornali hanno parlato di questa inchiesta in modo pessimo”, ha detto Mentana. “È stato un esempio concreto di come il sistema di informazione via web porti ad annacquare tutto e a perdere di vista i fatti veramente importanti. Le carte della procura di Potenza sono state utilizzate come il maiale, di cui proverbialmente non si butta via niente. Il nostro sistema giornalistico, costantemente affamato di informazione, ha bisogno di divorare tutto per poter stare a galla. Prendete per esempio l'intercettazione in cui si parla della 'sguattera guatemalteca': i giornali che l'hanno pubblicata si sono piegati alla logica guardona del web, un voyeurismo da buco della serratura”.
Damilano, commentando un video in cui Renzi elogia la disintermediazione dell'informazione, ha invece osservato: “da che mondo è mondo ogni politico vorrebbe parlare da solo. Il politico dovrebbe limitarsi a fare politica, e lasciare la comunicazione al giornalismo. Invece Renzi è un leader che vuole fare sia politica, sia comunicazione. Questo è qualcosa che mina un caposaldo delle società democratiche”.
Tornando alla crisi del giornalismo, Mentana ha concluso: “bisogna smettere di pensare la politica con le lenti con cui leggevamo il Novecento. Bisogna fare spazio al rinnovamento generazionale, fin qui ignorato: mettiamo a disposizione dei soldi e proviamo a fare una redazione di soli giovani. I giovani attraverso i social network hanno spazzato via la mediazione perché non hanno trovato mediatori in grado di rispondere al loro modo di essere: troviamo dei nuovi sistemi di mediazione”.

Daniele Conti