L’hanno ammesso anche i servizi francesi. «Abbiamo sottostimato il ruolo delle donne arruolate da Isis». Spose del jihad, ragazzine partite a caccia di un’avventura, schiave del sesso. Ma anche ragazze usate come kamikaze come è stato nel caso di Boko Haram, diverso da tutti gli altri gruppi affiliati al Califfato. Per  oltre due anni, una parte degli analisti ha sottolineato come Isis non attribuisse nessun ruolo operativo alle reclute di sesso femminile. «Le ragazze vengono reclutate per fidelizzare gli uomini e con l’obiettivo di allevare i futuri soldati del Califfato», è stato detto. Madri, infermiere, costrette sempre a indossare il velo e completamente sottomesse agli uomini. Tutto vero: Isis ha attratto nella sua rete centinaia di giovani ragazze, manipolate, convinte a partire con  la promessa di una vita migliore e poi ridotte in schiavitù. Ma le donne di Isis non sono solo vittime. Lo scenario si è evoluto. Era settembre quando la polizia francese ha scoperto una Peugeot parcheggiata vicino alla cattedrale di Notre Dame. A piazzare quegli ordigni sono state tre donne. Oltre il singolo episodio francese, sono tante altre le donne affiliate all’organizzazione terroristica di Abu Bakr Al Baghdadi. Francia, Gran Bretagna, Italia. Ogni paese ha i suoi esempi. Maria Giulia Sergio che ha gridato il suo odio contro gli infedeli via Skype, Meriem Rehaily che è partita dopo aver diffuso su internet una lista di bersagli. Alcune di queste donne sono morte. Altre sono tornate. E altre ancora sono state arruolate in Europa così come negli Stati Uniti.

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