Da oltre un anno la riforma della direttiva europea sul copyright tiene occupata Bruxelles in un braccio di ferro tra editori e piattaforme come Facebook e Google.

L’errore più frequente è pensare che questa riforma coinvolga solo gli addetti ai lavori. Invece essa avrà un impatto soprattutto sugli utenti, la loro libertà d’espressione e la stessa governance di Internet.

Molti addetti ai lavori, accademici e organizzazioni che tutelano i diritti in rete, ritengono che il testo presentato della Commissione Europea penalizzerà i lettori di notizie online, i social media, le startup, la ricerca accademica e, non ultimo, gli editori stessi che la appoggiano perché pensano sia la panacea di tutti i mali che sta vivendo il mondo del giornalismo negli ultimi dieci anni.

Tra le novità all’orizzonte si prevede un nuovo diritto per gli editori, la cosiddetta “Link Tax”. Gli editori potrebbero chiedere un compenso economico alle piattaforme per dare loro il diritto di pubblicare i link ai loro articoli. Poiché le persone si limitano a leggere i titoli delle notizie e le piattaforme ospitano i link ai loro contenuti, gli editori reputano che queste piattaforme debbano pagare poiché si arricchiscono con i loro contenuti. Ma cosa ci dicono le esperienze in Spagna e Germania dove leggi simili sono già entrate in vigore? E cosa hanno rivelato le ricerche richieste dalla Commissione Europea stessa e poi insabbiate?

Organizzato in collaborazione con il Centro di Ricerca Coordinato in Information Society Law dell’Università degli Studi di Milano.

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