Automazione, realtà aumentata e intelligenza artificiale in redazione

Ore 15.15 – Sala del Dottorato

Garrett Goodman (VP business development EMEA Wochit), Andrea Iannuzzi (responsabile progetto Rep), Francesco Marconi (direttore Risorse e sviluppo The Wall Street Journal), Anne-Marie Tomchak (direttriche Mashable UK)

Garret Goodman avvia la discussione chiedendo ai partecipanti come definirebbero l'intelligenza artificiale, ecco le risposte: l'interazione uomo-macchina, macchine che funzionano e reagiscono come esseri umani, ma anche un traguardo, con i suoi risvolti di speranza e d'incubo (c'è il rischio di non riuscire a controllarne gli effetti).

Il tema maggiormente dibattuto è proprio quest'ultimo. Con il progresso tecnologico e gli sviluppi in ambito di automazione e intelligenza artificiale, resterà ancora posto per l'azione umana? È una domanda che ormai è applicata a ogni ambito della società, non ultimo quello dell'informazione e dalla gestione delle notizie. “È normale provare riluttanza verso ciò che non si conosce”, spiega Francesco Marconi, “questa volta lo scatto non è più tecnologico, ma culturale”.

Anne-Marie Tomchak, che ha girato un documentario nel quale i robot sostituiscono gli umani sul posto di lavoro, racconta la sua esperienza in ambito giornalistico. “Il futuro non è la sostituzione da parte delle macchine, ma una sinergia con gli uomini. Ho seguito un evento sportivo dove è stato testato un robot capace di raccontare il match in tempo reale in maniera coerente e credibile: a confronto, l'articolo scritto dal giornalista aveva una pasta differente, traspariva la sua passione, ma era sicuramente meno ricco. In questo senso, ritengo che la tecnologia possa ridurre la mole di lavoro per l'uomo (anche nell'informazione), senza pregiudicarne il ruolo e, anzi, arricchendolo di nuove possibilità”.

Altre piattaforme di analisi sono utilissime, perché ci informano sugli interessi del pubblico e ci permettono di monitorare l'effetto di un pezzo e calibrare trend futuri. E la profilazione dell'utente, grazie alla raccolta dei dati di registrazione, navigazione e interazione, può garantire un'offerta più completa e aderente alle esigenze del lettore.

In un certo senso, il ruolo dei giornalisti si avvicina a quello degli scienziati proprio perché sperimentano per primi queste nuove funzionalità e spetta a loro giudicarne l'efficacia.

Siamo comunque appena all'inizio di una nuova era tecnologica: è ancora presto, ad esempio, per prevedere il futuro di chat-box (risponditori automatici in grado in gestire una conversazione) o dell'intelligenza artificiale vocale. L'evoluzione, dal click, è ormai passata al touch e, nel prossimo futuro, evolverà inesorabilmente verso il voice.

Affinché l'integrazione all'interno delle redazioni sia possibile, commenta Francesco Marconi, è però necessario creare una stretta collaborazione con coloro che sviluppano tali applicazioni. Per Repubblica è stato costruttivo il rapporto con Google, per esempio, ma con Facebook è stato più difficile raggiungere un accordo e alla fine si è risolto in un nulla di fatto. Va detto, infine, che le implementazioni sono ad oggi testate soprattutto in lingua inglese ed è pertanto pressoché impossibile valutarne la validità nelle redazioni italiane.

Rebecca Mellano