Da grande voglio fare il freelance

Oltre 112mila italiani iscritti all’Ordine dei giornalisti, di cui appena 48mila attivi; oltre 28mila gli autonomi o i parasubordinati, appena 19mila i cronisti con contratto da dipendente. Sono i numeri sulla situazione del mondo dell’informazione in Italia, che hanno aperto il Panel sul tema “Da grande voglio fare il freelance”, organizzato nell’ambito dell’VIII Festival internazionale del Giornalismo, a Perugia.

Un quadro della situazione a tinte fosche con qualche segno di speranza, quello dipinto dai relatori: Alessandro Accorsi, co-fondatore di Zeer News, Valerio Bassan, fondatore de Il Mitte,  Fausto Biloslavo de Il Giornale, Lou Del Bello di SciDev.net e Barbara Schiavulli, corrispondente di guerra. Ha coordinato i lavori, Antonio Rossano.

Come dimostrano i numeri, i free lance in Italia rappresentano il “mototre” del sistema editoriale, ma il loro lavoro viene sempre meno valorizzato, non soltanto da un punto di vista economico.

“Sono stata inviata di guerra in Afghanistan ed Iraq – ha spiegato Barabara Crisafulli -. Ero arrivata a scrivere contemporaneamente per 5 quotidiani, per poter coprire le spese. Le testate non mi garantivano nulla. Dovevo provvedere al pagamento dei trasferimenti e dei traduttori. A volte per la paura di essere rapita, non portavo con me soldi e sono stata costretta ad arrangiarmi. Inizialmente, la mia ‘presunzione’ era che se avessi dimostrato di essere abbastanza brava qualche giornale mi avrebbe assunta. Ma non è mai arrivata alcuna proposta.  Alle redazioni è sempre convenuto mantenere le cose così come stavano”.

Fausto Biloslavo de Il Giornale è intervenuto al Panel tramite collegamento Skype, mentre stava per imbarcarsi su un aereo diretto in Ucraina.

“Ho iniziato a fare il freelance perché non c’erano alternative per entrare nella ‘casta’ dei giornalisti – ha spiegato -. Per i vecchi ‘soloni’, freelance era quasi una parolaccia. Oggi penso che questo modo di fare informazione possa essere il futuro. Non siamo giornalisti di serie B. Quando c’è alta professionalità e storie da raccontare, si può trovare anche la quadratura del cerchio da un punto di vista economico”.

Lou Del Bello, invece, ha deciso di lasciare l’Italia e di chiudere qualsiasi collaborazione con le testate del suo Paese di origine. “Dopo 7 anni di promesse mancate, ho scelto di cambiare completamente prospettiva, approdando in Inghilterra. Ora sono editor per SciDev.net. In Gran Bretagna, c’è una considerazione ben diversa per i freelance.  Sono professionisti a tutto tondo, trattati con grande rispetto e pagati particolarmente bene. Una prospettiva opposta rispetto a quella italiana dove vige soltanto una logica al ribasso”.

Anche Alessandro Accorsi ha scelto di seguire una strada che l’ha portato fuori dai confini nazioni. In Egitto, ha fondato assieme ad altri freelance europei l’agenzia “Zeer news”. “Il Guardian ha inviato a seguire la situazione egiziana un corrispondente di 24 anni. All’inizio ha preso una serie di cantonate. Ora, invece, è riuscito a realizzare i migliori scoop. Il Guardian con lui ha deciso di fare una scelta ben precisa: investire su un ragazzo, per avere un ritorno sul medio-lungo periodo. Accanto all’inviato c’è un editor e una redazione che lo supportano. Con Zeer News abbiamo cercato di riprodurre questo tipo di approccio, garantendoci una piccola rete che possa sostenere il lavoro che facciamo come singoli free lance”.

La strada è questa: percorrere sentieri nuovi, sperimentare e cercare di condividere esperienze con altri freelance.

Valerio Bassan, ad esempio, ha lanciato Il Mitte, quotidiano di Berlino per italofoni. “In poco tempo la nostra esperienza è riuscita ad attrarre l’attenzione di grandi testate, a tal punto che qualcuno ha iniziato a copiarci anche qualche notizia, senza citare la fonte”.

Lorenzo Canali