I cambiamenti tecnologici degli ultimi anni obbligano a ripensare il business model delle imprese editoriali e le modalità di fruizione dei contenuti. Questo il tema al centro del panel Dalla carta stampata al digitale: come cambia l’editoria che si è svolto presso la sala Raffaello dell’hotel Brufani, nel corso del quale sono intervenuti Giulio Anselmi, presidente della FIEG, Paolo Peluffo, sottosegretario di Stato, Luca De Biase, presidente della Fondazione Ahref e Angelo Agostini, direttore di Problemi dell’informazione qui nel ruolo di moderatore. Al centro del dibattito la questione relativa ai contributi pubblici alle imprese editoriali e, soprattutto, la necessità di chiarire se tali contributi debbano essere considerati come una questione di democrazia o di economia assistita.
Giulio Anselmi, dopo aver sottolineato che è “interesse della democrazia che l’informazione funzioni” ha aggiunto che “perché i contributi siano nell’interesse di tutti e in particolare dei cittadini che pagano, devono essere a termine e soprattutto devono essere trasparenti per evitare il ripetersi di abusi e per una questione di equità nell’editoria stessa”.
Anche il sottosegretario di Stato, Paolo Peluffo, ha insistito sulla necessità di portare avanti la massima trasparenza, aggiungendo inoltre che “l’editoria è un elemento strategico per il Paese”, pertanto “deve essere sostenuta nell’innovazione”. In particolare, il nuovo sistema di contributi pubblici prevederà un sistema di calcolo basato sulle copie vendute e non più sulle copie stampate.
Obiettivo principale, quindi, l’innovazione, anche in relazione al mondo del web. L’editore tradizionale deve innovare e sviluppare nuovi modelli di business in relazione al web. A tal proposito, Luca De Biase ha evidenziato che “innovare sul digitale non significa soltanto pubblicare il giornale online. Fondamentali sono le piattaforme di vendita perché è su di esse che si costruisce il modello di business”. Un’innovazione che, come ha aggiunto Anselmi “deve passare dal rapporto con il potere al rapporto con il mercato ossia il pubblico dei lettori”.
La necessità fondamentale rimane quindi “identificare la funzione pubblica di chi fa informazione e concentrare il lavoro fatto da governo e stato sulla costruzione di norme che favoriscano il servizio pubblico dei giornali” come ha sostenuto Luca De Biase.
Maria Teresa Lacroce