Giornalismo in prima persona

Soggettività e giornalismo oggi hanno la possibilità di incontrasi grazie alla realizzazione di web doc, documentari 2.0 capaci di riprodurre la potenza e la precisione del giornalismo uniti alla creatività e l’emozionalità dello storytelling. Questa seducente e innovativa rivoluzione del documentario e del giornalismo stesso è stato il focus al centro del workshop tenutosi nella Sala del Dottorato, introdotto dall’inviato del Tg1, Amedeo Ricucci, con la partecipazione e l’esperienza di Mandy Rose, esperta di cultura digitale e direttrice del Digital Cultures Research Centre di Bristol, attenta in particolare al percorso seguito negli anni dal documentario come forma di informazione.

“Immersive journalism” e “deep journalism” sono due delle etichette date a questo modo di fare un nuovo giornalismo, inaugurato però già nella seconda metà del secolo ventesimo con le esperienze degli inviati di guerra che per primi cominciano a raccontare il sangue, la paura, dettagli fino ad allora esclusi dalle cronache asettiche degli eserciti.

Una tendenza al racconto in prima persona che pian piano ha scalzato l’esigenza di garantire l’obiettività dei fatti, paradigma utile ma non sempre efficiente. Infatti, l’avvento delle nuove tecnologie e l’attenzione al destinatario hanno spinto il giornalismo alla sperimentazione che lo ha portato a ricercare l’interattività e la partecipazione, principi diventati imprescindibili per i suoi fini.

Il giornalismo e il documentario possono oggi comunicare fino quasi a coincidere perché entrambi portavoce di esigenze simili. Nello stesso momento rimangono forme di informazione diverse.E' per questo che non è possibile dire se il futuro del giornalismo sia il documentario. Di sicuro la soggettività e il grado di approfondimento e interattività che il web doc fornisce è un punto di partenza per un giornalismo come quello italiano sulla strada verso l’innovazione.

Maria Vittoria D'Onghia