Il futuro dei media africani nel continente connesso

Oltre 800 milioni di sim attive su una popolazione di un miliardo di persone; un’età media di 18 anni; un “territorio vergine”, nel quale l’80% dei residenti non è mai stato consumatore di media tradizionali.  È questo lo scenario sul quale si sta affacciando l’Africa del nuovo millennio. Un “continente connesso”, che è stato al centro del Panel “Il futuro dei media africani”, organizzato nel corso dell’VIII edizione del Festival internazionale del giornalismo, in corso a Perugia. “Nel raccontare questo continente – ha spiegato Donata Columbro, volontaria per lo sviluppo che ha introdotto l’incontro – si corre spesso il rischio di cadere in facili generalizzazioni. Non scordiamoci che stiamo parlando di un territorio nel quale sorgono 54 nazioni, ciascuna con la propria storia e specificità. Certo, possono essere individuate dinamiche che accomunano questi Paesi, specialmente quando si parla di comunicazione e media. L’esplosione nell’utilizzo della telefonia mobile è un esempio”.
“I media africani – ha aggiunto Amadou Ba, CEO dell’Africa media iniziative – hanno di fronte a sé grandi opportunità, frenate da altrettanto grosse limitazioni. I vincoli giuridici, ad esempio, rappresentano un forte limite. In Paesi come il Sud Africa, Nigeria o Kenya le legislazioni non consentono ancora un’adeguata crescita dei media. A tutto questo, si aggiunge il fatto che molte società editoriali fanno fatica ad accedere al capitale di cui hanno bisogno. C’è poi la questione etica. La maggior parte dei giornalisti praticanti non ha una formazione adeguata o non viene pagata per il proprio lavoro. Una situazione che agevola la corruzione”.
Ma le cose stanno cambiando: “Con la nostra organizzazione - ha aggiunto Ba - stiamo aiutando le imprese editoriali a reperire i fondi per i loro progetti, sollecitandole anche ad affrontare i problemi di etica professionale al loro interno”. Ad aiutare il cambiamento anche una popolazione particolarmente giovane, che ha facile accesso alla tecnologia e un’economia che sta crescendo rapidamente. Si stanno aprendo così prospettive inedite per il continente. “In Africa, negli ultimi anni si sono create le condizioni, in campo editoriale, per quella che possiamo definire “la tempesta perfetta”– ha aggiunto Justin Arenstein, giornalista e media strategist sudafricano -. “C’è un mercato  vergine, nel quale la maggior parte dei consumatori non ha conosciuto i mezzi di comunicazione tradizionali”. Il campo dei media africani è quindi completamente sgombro da tutte quelle “storture” che caratterizzano il sistema europeo e che ora possono essere evitate, in un continente “nativo digitale”. In che modo? Tenendo presenti alcuni punti fermi: “Occorre un giornalismo che parta dalle istanze dei cittadini, dai loro problemi. È necessario chiedersi cosa li interessa e rispondere ai loro quesiti, coinvolgendoli”. L’esempio è il percorso “Where my money day”, una piattaforma partecipativa lanciata  in Ghana. L’intento è quello di controllare come il governo spende i proventi della vendita di petrolio.

Insomma, i nuovi media stanno già cambiando la vita di milioni di africani (anche se la radio continua ad essere lo strumento di comunicazione più amato), consentendo nuove forme di partecipazione democratica che in passato mai sarebbero state soltanto immaginabili. “Basti pensare a cosa può significare uno strumento come ‘What’s Up’ – ha aggiunto Mark Kaigwa, fondatore di Nendo -. In Kenya, una trasmissione televisiva ha invitato i cittadini a fotografare i trasgressori del codice stradale e ad inviare le immagine attraverso la popolare applicazione di messaggistica istantanea. L’iniziativa ha avuto un successo straordinario, mettendo alla gogna gli automobilisti più spericolati”. Certo, la grande quantità d’informazione a cui gli africani sempre più facilmente possono accedere pone il problema di come gestire l’altrettanto grande quantità di disinformazione, veicolata dai nuovi mezzi di comunicazione.
“Per questo motivo, è nato il portale Africa Check – ha evidenziato il direttore, Peter Cunliffe-Jones -. Si tratta di un sito web che si occupa di fornire strumenti ai cronisti africani per poter verificare l’attendibilità delle notizie che circolano in rete. Un modo per far crescere sotto il profilo etico il giornalismo di questo continente”.

Lorenzo Canali