Si è tenuto oggi, 6 aprile, nell'ambito degli incontri Law&Order nella Sala Priori dell'Hotel Brufani una sessione dal titolo "Il giornalista e la protezione delle fonti" con Pierluigi Perri avvocato e docente di Informatica Giuridica presso l'Università degli Studi di Milano.
"Il segreto del giornalista è unico perché protegge la fonte e non la notizia, la notizia deve essere diffusa. É un segreto con peculiarità proprie." Inizia con queste parole l'esaustivo intervento di Pierluigi Perri in merito alla questione della tutela del segreto della fonte, da estendere alle meta-informazioni che portano a identificare il soggetto/fonte.
Il segreto deve essere ricondotto a una funzione fortemente democratica, e per questo viene tutelato nel nostro ordinamento giuridico.
Di regola il giornalista, nell’esercizio dei suoi diritti, dà la massima trasparenza alle fonti delle notizie, indicandole con precisione ai lettori o agli spettatori. Tuttavia, nel caso in cui le fonti chiedano di rimanere riservate, il giornalista è tenuto a rispettare il segreto professionale e a informare il lettore di tale circostanza. Il segreto giornalistico attiene, pertanto, alle fonti della notizia ed opera nel solo caso in cui ciò sia richiesto dal carattere fiduciario delle stesse.
Attraverso una ricostruzione del sistema normativo, degli strumenti tecnici e della giurisprudenza si è contestualizzato il tentativo di bilanciamento tra la libertà di stampa e le esigenze di giustizia.
Al contrario di altre forme di "segreto professionale", il segreto della professione giornalistica deve ricoprire solo la fonte e non la notizia, che deve essere comunicata se di interesse pubblico. La tutela della sola fonte, però, comporta che debbano essere tutelate anche tutte le informazioni che possano far risalire alla fonte stessa.
Non solo la giurisprudenza nazionale, ma anche quella comunitaria, con la Corte di Strasburgo, ha condannato in più occasioni le perquisizioni svolte in redazioni poiché violavano il segreto professionale dei giornalisti.
L'esplicazione di alcuni case studies come il "caso Goodwin", il "caso Roemen", il "caso del Financial Times" o di alcune sentenze della Cassazione, e l'interpretazione delle maggiori norme che disciplinano la protezione delle fonti e la tutela del segreto professionale in Italia come gli art. 200; 356 del Codice Penale o il testo Unico dei Doveri del Giornalista, ha reso di più facile comprensione un tema di grande interesse come questo.
Il panel, che ha visto una numerosa partecipazione, è stato organizzato in collaborazione con le Cattedre di Informatica Giuridica e Informatica Giuridica del dipartimento di Scienze Giuridiche "Cesare Beccaria" della Statale di Milano.
Nicoletta Petrillo