IL TALENTO E IL CORAGGIO DI UN FOTOGIORNALISTA. STORIA DI ANDY ROCCHELLI

Contro ogni forma di depistaggio e di oscuramento si è tenuto, presso la Sala del Dottorato, il panel riguardante la vicenda di Andrea Rocchelli, fotogiornalista tragicamente ucciso il 24 maggio 2014 in Ucraina: una storia mai presa sufficientemente sul serio dallo Stato e dall’opinione pubblica, come non sono state prese in considerazione quelle di molti altri giovani, assassinati mentre cercavano di riportare la verità – tra gli ultimi, Giulio Regeni.
L’evento, a cui hanno partecipato il presidente della FNSI, Giuseppe Giulietti, i genitori di Andy, Elisa e Rino Rocchelli, e l’avvocato della coppia, nonché della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, si è aperto con la preziosa testimonianza di William Roguelon, fotoreporter francese sopravvissuto, il quale era presente il giorno dell’assassinio del trentenne di Pavia e dell’amico e collega Andrei Mironov. Un racconto terribile, che ha riportato alla luce l’aggressività di un vero e proprio attacco mirato all'eliminazione dei tre giornalisti, che si erano presentati in loco con abiti normali e grandi macchine fotografiche; con la convinzione, in altre parole, di essere riconoscibili quali professionisti estranei alla vicenda bellicosa.
Non si è trattato, quindi, di un incidente, eppure la famiglia, orfana di un figlio amante della verità e del suo lavoro – un uomo, hanno tenuto a precisare gli speaker, razionale, preparato e appassionato – ha dovuto portare avanti in maniera autonoma le indagini, trovando molte più prove e un numero maggiore di testimoni, rispetto alle autorità ufficiali, nonostante l’ostacolo sempre più insormontabile rappresentato dal fattore tempo. Una costante, quella dell’abbandono da parte del proprio Stato, che caratterizza purtroppo tutte le altre situazioni analoghe a questa.
Una “guerra senza regole”, dove “uccidevano tutti: giornalisti o no”, queste le parole riportate dall’avvocato Ballerini, leggendo un’intervista fatta a una famiglia ucraina che aveva conosciuto Rocchelli e Mironov: di fatto, questa realtà, ovvero la scomparsa di reporter in servizio, sta raggiungendo, come ha ricordato Giulietti, numeri impressionanti – sarebbero 622 i giornalisti uccisi negli ultimi venti anni.
È quindi evidente come il caso Rocchelli non rappresenti una “questione privata”, ma bensì un tassello di un quadro più ampio, che coinvolge tutti i giornalisti, la libertà di espressione, il diritto alla verità: una campagna che ha bisogno di tutti, per far sì che ogni muro possa essere demolito prima ancora che sia in grado di minacciare il futuro del mondo dell’informazione.

Lorenzo Tobia