“Oggi la mafia non è più coppola e lupara”, queste le affermazioni fatte durante l’incontro di sabato 24 aprile presso il Teatro Pavone con la partecipazione di Gianni Barbacetto (Il Venerdì di Repubblica), Ivanhoe Lo Bello (presidende Confindustria Sicilia), Giuseppe Lo Bianco (Il Fatto Quotidiano), Sandro Ruotolo (Anno Zero Rai 2) e Nicola Biondo (Report Rai3).
Esordisce Ruotolo facendo notare come oggi si pensi alla mafia siciliana ricollegandola subito alla questione del pizzo quando invece in realtà lo scopo delle organizzazioni criminali è il controllo del territorio; le inchieste della magistratura hanno dimostrato come la mafia non abbia investito solo Caltanisetta e Palermo ma si sia mossa anche in altre zone d’Italia, Roma e Milano ne sono un esempio.
Lo Bello, presidente di Confindustria in Sicilia, spiega come oggi la mafia sia diventata un’imprenditoria borghese, un esempio è l’edilizia privata. Agendo nel silenzio le organizzazioni criminali sono in grado di eliminare la concorrenza e creare mercati protetti generando extra profitti per i privati e deperimento della realtà sociale; la mancanza di concorrenza e la garanzia di profitti non motivano l’imprenditore mafioso a investire nella ricerca e nel profitto abbandonando così ogni processo di modernizzazione.
Le mafie meridionali sono diventate grandi riciclatori nel resto del paese grazie all’enorme disponibilità di cash.
“In Sicilia tutti sanno chi sono i mafiosi e solo pochi parlano”, la forza della mafia sta nel fatto che la società sa del suo ruolo, della sua esistenza, e del suo potere di intimidazione che costringe l’imprenditore a subire l’estorsione,scopo delle associazioni come quella di Lo Bello è rompere questo silenzio.
Questa mafia imprenditrice e borghese ha goduto di tolleranza e di silenzi in quanto la buona dialettica, il perbenismo e i colletti bianchi non generano allarmismi sociali rendendola presentabile e aprendole l’accesso alla politica. Oggi si va oltre l’aspetto terroristico e militare.
Interviene nel dibattito Gianni Barbacetto facendo notare come al sud il problema mafia venga riconosciuto e affrontato, a differenza del nord dove il problema esiste ma vige un sistema di non accettazione, non lo si pone come un problema di criminalità mafiosa.
Cita alcuni esempi di appalti e cooperative di lavoro gestite dalla criminalità organizzata ed elenca i nomi di persone “che non sono mafiosi, ma possono non aver coscienza di quello che fanno”.
Il dibattito si avvia alla conclusione con l’intervento di Nicola Bindo che sottolinea ancora come oggi rispetto al ’92 non ci sia più la strategia stragista, ma che la mafia va ricercata tra gli imprenditori lontano dai killer.
“Per colpire la mafia bisogna comprenderla fino in fondo” asserisce Lo Bello, poi continua “la grande urbanizzazione e i flussi della spesa pubblica, dalla fine degli anni ’50, hanno costituito il blocco sociale”.
Carmela Termopoli