Alla presenza di numerosi ed importanti giornalisti eno-gastronomici italiani e cinesi seduti in platea, si è svolto KuChina, evento organizzato da Umbria Trade Agency, moderato da Federico Fioravanti, e che ha visto la partecipazione di Hu Lanbo, presidente dell'Associazione Cina in Italia, Lawrence Lo, critico enogastronomico, Sonia Montrella di AgiChina24 e Yang Xiaolei di CCTV.
In Cina, ha ricordato Fioravanti, si consumano molti prodotti italiani ma, paradossalmente, fatti non da italiani. Per esempio ci sono Pizza Hut, la famosa catena di pizzerie a taglio statunitense e Starbucks, che vende caffè e cappuccini “all'italiana” in tutto il mondo.
In Cina, inoltre, si parla molto di made in Italy, ma in realtà lo si conosce pochissimo.
Lawrence Lo ha evidenziato il ruolo degli stereotipi nel racconto delle differenze culturali. Se i cinesi sono identificati stereotipicamente da noi italiani come buffe persone con copricapi divertenti e grandi mangiatori di riso, viceversa noi italiani siamo visti come grandi consumatori di pizza e olio d'oliva. È evidente allora, ha sottolineato Lawrence Lo, che il racconto reciproco delle nostre culture viaggi su stereotipi che faticano a essere abbandonati.
In Italia la cucina cinese è poco conosciuta: essa si basa su pochi ingredienti, circa sette (olio, aceto, riso e pochi altri), una pentola e un coltello. In Italia, secondo i relatori, c'è molta più varietà. In ogni caso oggi molti prodotti italiani sono importati in Cina: olio, vino, acqua minerale, formaggi. Inoltre ci sono moltissimi ristoranti italiani in Cina, 184 solo a Pechino e 200 a Shangai. Il problema è che non sono gestiti da italiani e solo 12 ristoranti in tutta la Cina hanno il marchio di qualità della camera di Commercio.
Proprio ieri Lo ha condotto una trasmissione tv in diretta dal Caffè Sandri e ha spiegato ai cinesi come si prepara il caffè. Molte persone in Cina bevono caffè, ma per esempio non sanno in che modo vada bevuto e non sanno riconoscere le diverse qualità. È stato scelto un caffè storico per sottolineare il link, la connessione, che l'agro alimentare italiano in generale instaura con il bello e la bellezza. Il caffè, la cioccolata calda, il cappuccino, con la loro densità, autenticità, il senso di inverno che trasmettono.
La proposta operativa di Lawrence Lo è quella di implementare una comunicazione di tipo cross-culturale, inter-culturale per promuovere la gastronomia italiana in Cina e nel mondo. Yang Xiaolei ha invece sottolineato l'opportunità di promuovere il life style italiano tramite programmi televisivi che possano essere veicolo di diffusione, ad esempio, della cultura dell'olio e del vino. Hu Lan Bo, che vive in Italia da molti anni, ha ricordato come sia fondamentale comunicare con le comunità cinesi in Italia perché in effetti sono le prime ambasciatrici del made in Italy in Cina.
Secondo Sonia Montrella i corrispondenti in Cina sono troppo pochi (solo solo dieci, di cui solo due dei grandi quotidiani). In questo senso il rischio che si corre è quello di semplificare; ci sono infatti articoli in cui si loda in tutto e per tutto la Cina e articoli in cui si critica a prescindere. Non si può comprendere una realtà tanto complessa senza fatica ed impegno per studiarla e raccontarla.
Sono inoltre intervenuti all'incontro alcuni studenti cinesi che fanno parte del progetto Marco Polo e dell'Associazione Umbria - Cina, organizzazione che ha il compito di favorire l'integrazione degli studenti cinesi in Italia. Hanno evidenziato le differenze tra il modo di mangiare italiano e quello cinese: ad esempio in Cina non si fa l'aperitivo, si conoscono poco prodotti italiani come il pane, i formaggi, le grigliate, i salumi, la pasta ripiena. Inoltre in Italia si tende a dividere il cibo, mentre in Cina si condivide, nel senso che mangiare è un momento conviviale quindi si mangia in un piatto comune. Ancora, in Italia abbiamo un ordine prestabilito da seguire (antipasto, primo, secondo, dolce), mentre in Cina le portate sono sul tavolo nello stesso momento. Infine in Cina si predilige il fritto e la cottura al vapore, mentre in Italia si prediligono arrosti e grigliate.
Enrico Tata