Trasparenza, prevenzione e repressione: sono questi gli elementi suggeriti da Raffaele Cantone, presidente Anac, per combattere la corruzione. In Italia la prima legge sulla trasparenza risale solo al 2013: siamo notevolmente indietro rispetto al resto del mondo, basti pensare che in Svezia la prima normativa nasce nel 1766 e non a caso si tratta uno degli Stati meno corrotti al mondo.
Un sistema trasparente è un sistema meno corrotto. Tutti i cittadini devono sapere come vengono spese le risorse pubbliche. Buona parte delle amministrazioni pubbliche si è adeguata in breve tempo, anche se i dati, pur presenti sui siti istituzionali, non sono ancora facilmente fruibili.
La prevenzione della corruzione è innanzitutto un fattore culturale, tanto si deve fare in tal senso. Prova ne è whistleblowing: infatti, il meccanismo sta iniziando ad attecchire, anche se fa fatica ad emergere dal punto di vista culturale, poiché significa denunciare gli illeciti di una persona con cui spesso si è a stretto contatto. Ma questo significa far saltare la connivenza. Le denunce sono molto aumentate. Molto deve fare l’Anac per l’applicazione della Legge del 2017, approvata a larga maggioranza, che prevede meccanismi di antidiscriminazione verso di denuncia le irregolarità.
Dunque, è evidente l’importanza della prevenzione, ma lo è altrettanto la repressione. Se le pene non vengono applicate, non è possibile scoraggiare la commissione di illeciti. Cantone si è, infatti, dichiarato favorevole all’aumento delle pene per i reati corruttivi.
Altro tasto dolente riguarda gli appalti. Spesso l’Anac e le procedure messe in atto dall’ente vengono accusati di rallentare i lavori pubblici, ma così non è. Molto di frequente le stazioni appaltanti sono impreparate a gestire l’appalto. Le stesse pubbliche amministrazioni non sono in grado di seguire gli appalti. Infine, Cantone si dichiara favorevole al ricorso ai subappalti, purché se ne faccia un’opportuna supervisione.
Serena Giovanna Grasso - volontaria press office IJF19