La satira e i limiti della critica

Perugia, 17 aprile 2015 – Anche a seguito dei recenti fatti di cronaca, si è spesso affermato che la satira non conosce limiti né censure, e che, in quanto satira, non è soggetta alle ordinarie regole della critica giornalistica. È una affermazione vera, o anche per la satira si devono rispettare delle regole di contenimento delle sue forme espressive? È la domanda a cui oggi prova a dare una risposta Marcello Bergonzi Perrone, avvocato e redattore della rivista giuridica Ciberspazio e Diritto, diretta dal professor Giovanni Ziccardi. Scopo del seminario, organizzato in collaborazione con le Cattedre di Informatica Giuridica e Informatica Giuridica Avanzata dell’Università degli Studi di Milano, è chiarire se e quale sia il divario tra il concetto di satira nell'accezione comune e nel mondo del diritto, e di spiegare come la giurisprudenza più recente interpreta l'estensione del diritto di satira in Italia.

Si parte da una domanda: quali sono i limiti della critica satirica oggi in Italia? “Tout est pardonne”, oppure ci sono dei confini di carattere giuridico al fare satira? I confini esistono, e sono rappresentati dalle leggi che limitano l’articolo 21 della Costituzione, che stabilisce che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Nella realtà dei fatti, in Italia La satira non è oggetto di una normativa specifica, il diritto di satira viene considerato dalla giurisprudenza una forma artistica: Perrone ricorda come sia la stessa Costituzione a definire la satira incompatibile con il parametro di verità. Ma allora, fare satira significa avere la libertà di dire ciò che si vuole diffondendo qualsiasi tipo di notizia, anche se falsa? “Il limite”, spiega Perrone, “ è costituito dal fatto che la notizia inserita nel contesto satirico deve avere un fondamento di verità. La satira è sottratta al parametro della verità poiché, per sua stessa natura, si esprime attraverso paradossi surreali; la satira non può non tendere al riso, e il riso si realizza soltanto attraverso l’utilizzo di queste figure retoriche. Impedire ciò significa impedire la possibilità di fare satira e impedire l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito”. Di conseguenza precisa la Cassazione, possono essere utilizzare espressioni di qualsiasi tipo, anche lesive della reputazione altrui, purché strumentalmente collegate con la finalità di fare satira, e purché non si risolvano in un’aggressione gratuita e distruttiva dell’onore e della reputazione del soggetto interessato.

Sempre in materia di diritto di satira Perrone cita una delibera emessa dall’Autorità per la Garanzia delle Comunicazioni che ribadisce che la comunicazione e la satira non devono assumere forme lesive della dignità della persona: la delibera impone di evitare il cattivo gusto, il linguaggio triviali e i modelli di relazione interpersonale improntati  all’aggressività verbale e alla scorrettezza comportamentale. Solamente alla fine del suo intervento, il giurista affronta la questione dal punto di vista religioso – “mi sto avventurando in un campo minato”- : “Esiste una norma giuridica che fa riferimento alla tutela del sentimento religioso ma non tutti sanno che questo reato, previsto dall’articolo 724 del codice penale è stato depenalizzato già dal 1999, ed è quindi diventato un illecito amministrativo. Chiunque bestemmi, ad esempio, è punibile con una sanzione di carattere amministrativo, non penale. Quindi non si punisce l’oltraggio alla religione tout court, ma sanziona il modo volgare e triviale di manifestazione della notizia”. Stando così le cose, qual è, dunque, il limite alla satira? La risposta è una: posto che esiste un criterio di carattere generale espresso dalla norma, il limite dovrà essere fissato di volta in volta, facendo riferimento al caso specifico.

Il seminario si conclude con una riflessione piuttosto amara: se nel 2013 l’Italia si era piazzata 57esima su 179 Paesi nella classifica mondiale della liberta di stampa realizzata da Reporter senza frontiere, quest’anno la situazione è sensibilmente peggiorata:  il nostro Paese è sceso al 73esimo posto, tra la Moldavia e il Nicaragua. “Questa considerazione”, chiude Perrone, “dovrebbe far rifletter e indurre a precisare quali siano i contorni del diritto di critica giornalistica”.

Federica Meloni Cecconi