LegalLeaks: come chiedere e ottenere informazioni

L'accesso ai dati delle pubbliche amministrazioni è uno strumento molto utile per la costruzione di inchieste giornalistiche. Spesso però ottenere questo tipo di informazioni è un'impresa estremamente complicata per il giornalista, o anche solo per il semplice cittadino, in particolare a causa della restrittiva legislazione italiana in materia. Hanno commentato questo fenomeno Ernesto Belisario, avvocato esperto in diritto delle nuove tecnologie e in diritto amministrativo, e Claudio Cesarano, project manager di Diritto di Sapere, associazione che si batte per la difesa e l'espansione del diritto di accesso all'informazione. L'incontro si è svolto domenica pomeriggio nella Sala dei Priori dell'Hotel Brufani, ed è stato introdotto da Guido Romeo, presidente e cofondatore di Diritto di Sapere.
Romeo ha presentato l'iniziativa “Fino in Fondo”, che ambisce a creare tramite crowfunding un fondo per sostenere finanziariamente le eventuali spese legali dei richiedenti accesso ai dati delle pubbliche amministrazioni. La parola è quindi passata a Belisario, che ha spiegato: “nei rating internazionali sul diritto di accesso, l'Italia si trova alla posizione 97 su 102 paesi considerati. E non solo abbiamo una della cinque peggiori legislazioni in materia, ma le leggi vigenti vengono pure utilizzate male. Le amministrazioni, infatti, le usano come alibi per non fornire le informazioni che vengono richieste, sono ben il 65 % le richieste di accesso che vengono respinte. C'è inoltre una prassi estremamente penalizzante, quella del silenzio-diniego, per cui la non risposta dell'amministrazione per i successivi 30 giorni alla richiesta di accesso implica un no all'autorizzazione. Questo porta a una lunga dilazione dei tempi procedurali”.
“L'accessibilità ai dati viene presentata in Italia come una innovazione”, ha continuato Belisario “ma è dal 1776 che la costituzione svedese garantisce la possibilità di accedere ai documenti della pubblica amministrazione senza che il richiedente debba fornire specifiche motivazioni. Il Foia – Freedom of Information Act – è stato introdotto negli Stati Uniti nel 1966, 50 anni fa. Il Foia è in seguito diventato uno standard normativo in almeno 80 paesi del mondo, non ha quindi senso che in Italia i suoi detrattori ne parlino come di uno strumento di stalking amministrativo. In Italia abbiamo due leggi che regolano l'accesso ai dati. Una è la legge 241/1990: i cittadini hanno accesso ai documenti solo sulla base di un interesse diretto e qualificato. Questa legge, come è evidente, non rende la trasparenza un diritto del cittadino. L'altro strumento normativo è il decreto 33/2013, che obbliga le amministrazioni a rendere pubbliche informazioni relative a determinati argomenti. È però possibile che queste informazioni non vengano fornite: a questo punto il cittadino o il giornalista richiedente può fare ricorso al Tar. Purtroppo si tratta di un rimedio costoso e non immediato. Spesso passano diversi mesi prima che il Tar esca con una sentenza”.
Cesarano ha quindi presentato il progetto “Chiedi”, lanciato dall'associazione Diritto di Sapere. “È una piattaforma di social mailing che vuole fornire ai cittadini un aiuto nella formulazione della richiesta di accesso ai dati delle pubbliche amministrazioni. Il suo funzionamento è molto semplice: è sufficiente registrarsi con nome e email e selezionare l'amministrazione che ci interessa. A questo punto c'è la fase di scrittura della richiesta, ma non bisogna preoccuparsi: sulla piattaforma è disponibile un manuale che illustra come scrivere una richiesta efficace e, in caso di bisogno, noi responsabili di “Chiedi” siamo a disposizione per intervenire e aiutarvi”.

Daniele Conti