Negli ultimi anni siamo stati testimoni di un’improvvisa crescita dei rapporti tra i social network e le testate giornalistiche, tanto grande da provocare nel mondo dell’informazione dubbi riguardo quanto la stampa sia rimasta indipendente da questi nuovi mezzi di diffusione delle notizie: vere e proprie aziende, mosse ovviamente da interessi di vendita e guadagno.
L’evento, che ha visto la partecipazione di figure di spicco del settore - Emily Bell e Liz Heron, direttrice rispettivamente del Tow Center for Digital Journalism e di The Huffington Post, Joanna Geary, capo del team europeo di Twitter Moment, Raju Narisetti, vicepresidente senior con responsabilità delle strategie di News Corp - e moderato da Rasmus Nielsen, ha posto punti importanti sulla riflessione della distanza che media e network dovrebbero rispettivamente avere.
L’indiscutibile verità è che un’altissima percentuale degli internauti mondiali entra sempre più a contatto con le notizie grazie a Facebook, Google o Twitter, abbandonando lentamente l’abitudine di accedere ai siti dei principali giornali. Indiscutibile è anche la grande possibilità che questi marchi possono offrire, qualora le aziende siano disposte ad investire in un progetto a lungo termine. Ancora più indiscutibile è il numero impressionante di utenti giornalieri che questi social hanno, che rappresentano un possibile pubblico per molte testate e molti prodotti. Come è possibile rifiutare una collaborazione con le piattaforme?
Un punto fondamentale riguarda l’integrazione tra editori e piattaforme: un fenomeno senza precedenti, che ha cambiato la domanda e spinto, se non costretto, molte testate a un radicale cambiamento.
“Con le piattaforme, ha detto Narisetti, c’è un rapporto d’amore e di odio”, accusando queste sia di poca trasparenza in alcune decisioni, aspetto che potrebbe danneggiare i brand collaboratori, sia di poco controllo delle notizie lanciate. Al contrario, Liz Haron ha voluto specificare l’importanza della collaborazione tra editore e social network: il The Huffington Post ha fatto e sta compiendo molti investimenti sulla fruibilità del prodotto, “abbracciando il cambiamento, per quanto questo possa essere caotico”. Un’idea di successo, basata sul concetto di “poter consumare dal cellulare”, rompendo così la staticità dell’informazione, aprendo ad un nuovo pubblico e a nuovi problemi.
La base delle piattaforme è, di fatto, aiutare chi la visita: la centralità appartiene al consumatore e le innovazioni, per quanto queste possano essere utili, trovano la loro valutazione esclusivamente nel pubblico. Una prospettiva oggettivamente molto invitante, ma anche altrettanto pericolosa.
Lorenzo Tobia