«This is for everyone». Sicuri?

di Vincenzo Marino

Lo scenario mediatico di questa settimana è stato prevedibilmente occupato dai Giochi Olimpici, pur non impedendo di fare del tema uno spunto per discussioni di più ampia grandezza sul giornalismo e gli strumenti digitali - a prescindere dalle performance, sportive e non, degli atleti. Sono stati i giorni dei dibattiti sulla copertura mediatica dell'evento, dell'#NBCfail, dei tweet compromettenti di atleti e spettatori, della celebrazione ‘social’ dell’evento. Ed è stata, in qualche modo, la stessa cerimonia d'apertura ad accostare Londra 2012 alla ‘rivoluzione’ di internet, a fare di questa edizione quella davvero web-friendly, a partire dall'apparizione dell'inventore del “world wide web” Tim Berners-Lee durante lo spettacolo concepito da Danny Boyle - con tanto di tweet «for everyone» in diretta e raggi e nodi a stendersi sulle tribune a simboleggiare l'iperconnessione.

In quelle stesse ore - come nota Rebecca McKinnon per Global Voices-Advocacy - il Comitato Olimpico stava comunque lavorando alla rimozione di video non autorizzati, e negli Stati Uniti - malgrado YouTube fungesse da piattaforma free streaming dell'evento per ben 64 paesi - l'utente interessato avrebbe dovuto comunque pagare il proprio obolo per la tv via cavo o accedere alle immagini online via proxy server. Non proprio «per tutti». Un giornalista dell'Independent, poco più tardi, decideva di lamentarsi su Twitter della copertura dei Giochi da parte della NBC, pubblicando l’indirizzo email aziendale del diretto responsabile dell'emittente e invitando gli utenti a esprimere le loro rimostranze. Al giornalista, Guy Adams, è stato sospeso l’account per qualche giorno a causa di una non meglio precisata «pubblicazione dei dati personali» suscitando il sospetto che la piattaforma avesse voluto in qualche modo censurare le lamentele verso il network, col quale la corporation di San Francisco è attualmente partner. Il caso ha provocato polemiche e ironie - basta dare un'occhiata all'hashtag #NBCfail - portando molti a chiedere spiegazioni, a suggerire di imparare dagli errori e dichiarare apertamente le proprie intenzioni per il futuro: continuare a gestire un amichevole strumento di social networking aperto e 'solidale' o costruire una piattaforma market oriented? «Basta saperlo», suggerisce Fabio Chiusi sul suo blog.

Il sito dei Giochi Olimpici, come segnalato da alcuni blogger locali, avrebbe utilizzato una licenza ICP (Internet Content Provider) cinese per evitare eventuali oscuramenti via firewall - e, secondo alcuni, per non spaventare gli inserzionisti. Tuttavia, stando a una regolamentazione introdotta nel 2005, i siti internet registrati sarebbero comunque soggetti a un codice del ministero dell'industria e dell'informazione che vieta loro di trasmettere contenuti giudicati dannosi per l'interesse pubblico e la morale del socialismo. Parte di London2012.com può dunque essere modificata, e la copertura live degli eventi ritardata di alcuni secondi - le Olimpiadi di Pechino del 2008, per esempio, venivano raccontate con 10 secondi di ritardo così da poter permettere l’intervento su eventuali immagini ritenute ‘sgradevoli’ in caso di dimostrazioni di dissenso. Sempre in Cina, secondo i media di Stato, più di 10 mila persone sospettate di reati connessi alle loro attività in rete sarebbero state arrestate dalla polizia in ragione di una campagna varata nel marzo scorso contro le informazioni "illegali e nocive": più di tre milioni di messaggi online “pericolosi" sarebbero stati cancellati, trenta i provider puniti per aver permesso l'accesso a siti non autorizzati.

In tema di sorveglianza e censura online, è di questi giorni anche la notizia secondo la quale le autorità del Bahrein avrebbero rintracciato numerosi attivisti antigovernativi grazie all'uso dell’ormai famigerato spyware FinFisher, una cyber-weapon prodotta dalla britannica Gamma International che permette di prendere il controllo remoto del computer sospetto, di copiarne file, forzare gli accessi a contenuti protetti e intercettare le chiamate su Skype - qui è possibile consultare del materiale informativo e 'promozionale' pubblicato da WikiLeaks nello scorso dicembre. Gamma è lo stesso gruppo del quale in aprile, secondo il Guardian, sarebbero stati trovati documenti contenenti proposte di collaborazione nella sede della polizia segreta dell'ex presidente egiziano Hosni Mubarak. E che sarebbe già stato in affari col regime turkmeno. Un altro strumento d'intrusione, il trojan per Mac OSX/Crisis, sarebbe invece stato diretto in questi giorni verso i terminali di alcuni giornalisti indipendenti marocchini, già distintisi - e premiati da Google - per il loro ruolo attivo durante la cosiddetta 'Primavera Araba'. Intanto le autorità del Tagikistan hanno bloccato il sito di news Asia Plus, 'colpevole' di aver coperto gli scontri tra le forze governative e alcuni militanti locali nei pressi di Khorog, capitale della regione del Gorno-Badakhshan. L'oscuramento è arrivato dopo la pubblicazione della notizia dell'uccisione di un alto funzionario della sicurezza.

Sono i giorni, questi, anche della nuova stretta del governo degli Emirati Arabi nei confronti di blogger e attivisti accusati di costituire una minaccia per la sicurezza nazionale - qui la lista dei fermi. In Bielorussia, il giovane giornalista Anton Suryapin è stato accusato di «organizzazione illegale della migrazione» ed è stato condannato a sette anni di carcere per aver pubblicato foto di orsetti di peluche sul sito Belarusian News Photo. Gli orsi, recanti cartelli in supporto della libertà d'espressione, sono stati lanciati da un velivolo il 4 luglio scorso - festa dell'indipendenza - in evidente segno di protesta. Le autorità hanno riconosciuto l'accaduto solo a fine luglio. Arresto anche per Syharhei Basharimau, impiegato di un'agenzia immobiliare della capitale Minsk e accusato di avere affittato un appartamento a due cittadini svedesi che avrebbero appoggiato concretamente la protesta - idea dell’agenzia pubblicitaria svedese Studio Total. In Sudan, ancora, il blogger Usamah Mohammad è stato arrestato senza alcuna accusa. La notizia del fermo dell'attivista - avvenuto poco dopo un suo discorso ostile al presidente Omar al Bashir trasmesso da Al Jazeera English - è diventata di dominio pubblico solo in settimana.

Sul fronte della privacy in rete, sono i giorni del lancio di AppRights.us, su idea del membro del Congresso degli Stati Uniti Hank Johnson che ha voluto così stimolare un'iniziativa legislativa in tema di mobile privacy, incoraggiando gli elettori a mandare idee e aiutarlo nella costruzione della proposta. «Le nostre app dovrebbero servirci, non spiarci», è spiegato nel sito. «Aiuta l’onorevole Johnson a far sì che questi diritti siano garantiti dalla legge». In quelle stesse ore, durante una conferenza a Las Vegas, alcuni hacker mostravano come ottenere il controllo - facile e veloce - degli smartphone Android altrui, ‘infettandoli’. Un senatore democratico del Minnesota, Al Franken, ha voluto invece puntare i fari sui rischi che una delle nuove feature di Facebook - basata sul riconoscimento facciale, le cosiddette Tag Suggestion - comportano per la privacy degli utenti. «Facebook permette alle persone di usare i suggerimenti per le tag solo per gli amici più stretti, certo, ma penso ancora che debba fare di più per spiegare ai propri utenti come funziona il facial recognition, e dar loro modo di scegliere sull’uso o meno dei suggerimenti per riconoscimento», è l'idea politico. Di Facebook si è occupato anche il governo iraniano, che intende chiedere l'aiuto di Palo Alto per aggredire l'uso della pornografia online - cosa in realtà già contemplata nei termini di servizio del social network, ma che incontra la definizione ‘meno elastica’ del regime di Teheran.

In Gran Bretagna una fioraia di 33 anni, Lisa Cross, ha rischiato di esser condotta in tribunale a causa di una creazione floreale composta da cinque cerchi eccessivamente rassomigliante al ben noto simbolo delle Olimpiadi. L'accusa, per lei, sarebbe stata di «uso inappropriato» del logo olimpico, di proprietà della Coca Cola Company. «Non ci potevo credere, quando ho visto i due ufficiali venire a dirmi che stavo infrangendo la legge», ha spiegato al Sun. «Volevo solo aiutare la gente ad entrare nello spirito olimpico». Un altro episodio - sebbene offline - che come quelli già citati ci ricorda l'efficienza e la pervasività del motto twittato durante la cerimonia. «This is for everyone».