Storie maledette: il metodo giornalistico e il racconto televisivo

“Non ho paura della fascinazione del male, perché c’è tanto bene dentro di me”. Queste le parole di Franca Leosini, autrice e conduttrice dal 1994 del programma di successo “Storie Maledette”, durante l’incontro presso la Sala dei Notari, insieme a Antonio Sofi (Gazebo) e a centinai di giovani che, sui social, si definiscono “leosiners”. Durante l’incontro la Leosini ha evidenziato le difficoltà di una trasmissione televisiva, quale “Storie maledette”, apparentemente semplice, ma per la quale dietro c’è tanto duro lavoro. La Leosini racconta storie di dolore, sangue e morte, scegliendole parsimoniosamente: predilige le storie rimaste nelle piaghe della cronaca, non legate a professionisti del crimine, che cadono nel vuoto ad un certo punto dell’ esistenza. Proprio per questo non intervista mai i serial killer, ed il suo obiettivo primario è quello di accostarsi all’intervistato con rispetto ed umiltà, senza giudizio e pregiudizio, cercando di comprendere il motivo profondo per il quale hanno deciso di cambiare la traiettoria della propria esistenza: “Un cuore di tenebre batte nel petto di ciascuno di noi” afferma. Proprio in questa apparente normalità, in una vita fatta di gesti semplici e quotidiani può accadere l’imprevisto, il tragico imprevisto per il quale la Leosini ne fa emergere passioni e motivazioni che in una verità processuale molto spesso non troverebbero spazio.
Occorre studiare gli atti del processo dalla prima all’ultima parola, senza tralasciare né il contesto in cui si è verificato il tragico evento, nè la psicologia del personaggio. La Leosini non concede mai in anticipo le domande dell’intervista poiché tutto per l'intervistato deve essere improvvisato, altrimenti, facilmente intuibile, reciterebbe una parte. Proprio questo consente alla Leosini di “rubare l’anima, per poi restituirla”, smuovendo passioni e sentimenti.
Non di secondaria importanza il quadernone, quasi mitologico, in cui la prosa viene vissuta come musica: “Io solfeggio il testo come se fosse un testo musicale”.
Tanti i casi ricordati durante l’incontro: ultimamente, con non poco scalpore, l’intervista a Luca Varani, accusato di aver sfregiato con l’acido il volto della sua compagna, Lucia Annibali, senza tralasciare il grande merito attribuitole per aver riscritto il caso Pasolini.
Una donna che con una maestria linguistica, con un pizzico di ironia e oggettività è in grado di scavare nell’inconscio di chi si è macchiato di orribili crimini.

Rossella Fallico