3 maggio, ore 15.00 – Nella suggestiva sala di Palazzo Sorbello ha avuto luogo l’incontro moderato da Giampaolo Colletti e dedicato all’importanza di raccontare storie efficaci tanto nel giornalismo quanto nella comunicazione d’impresa. Alla discussione sono intervenuti Giovanna Cosenza, docente all’Università di Bologna, la giornalista Tiziana Prezzo, Angelo Miotto – direttore di Q Code – e Mark Little, dall’Irlanda, fondatore di Storyful.
“Le storie non raccontano semplicemente una serie di fatti, ma sono uno strumento fondamentale del pensiero e permettono all’uomo di orientarsi”, introduce la Cosenza. In un contesto digitale di overdose da informazione, la comunicazione ricorre sempre più spesso alla narrativa per raggiungere il proprio pubblico in maniera più realistica. Umanizzare una storia significa renderla più accessibile, coinvolgente dal punto di vista emotivo, e per questo più efficace. Il corporate storytelling dimostra quanto sia importante per un’azienda sapersi raccontare nel modo giusto – come accadde per Procter & Gamble con la campagna sul ruolo delle madri, realizzata in occasione delle Olimpiadi di Londra 2012 – e il rischio di scegliere la narrazione sbagliata, come dimostra il flop della campagna Enel #guerrieri, che estetizzava in modo errato i problemi quotidiani.
Anche nel mondo del giornalismo, dichiara Tiziana Prezzo, si parla da tempo di “serializzazione” dei contenuti, di atomizzazione delle storie in micro-episodi che sono fruibili attraverso i nuovi media e soprattutto creano più engagement. I lettori entrano più facilmente in connessione con i temi trattati, fino a casi di vero e proprio “storytelling collettivo”, dove il giornalista struttura una narrazione dell’evento a partire dalle testimonianze delle persone che vi hanno preso parte. Il mondo è pieno di possibili storie, vanno solo individuate e sapute strutturare: un elemento fondamentale delle narrazioni è la presenza di un nemico, e in tutti i luoghi di guerra è possibile costruire storie efficaci, narrate in modo strutturato.
Si parla quasi di “giornalismo sociale”, a proposito del quale interviene Angelo Miotto, che con il progetto editoriale Qcode intende “riprendersi il tempo di ascoltare le storie” in un’epoca dove il giornalismo risponde quasi solo a esigenze di velocità. In questo modo si invitano gli utenti a raccontare le proprie esperienze, come nel caso della rubrica “(af)fondata sul lavoro”, che raccoglie storie di disoccupazione e precariato. Le tecnologie odierne permettono a tutti di produrre storie pur non essendo giornalisti, ma la mole di contenuti postati dagli utenti necessita un’attenta attività di selezione. Questa è anche l’esperienza di Mark Little con Storyful, la piattaforma di curation che seleziona il meglio delle storie in rete e diffonde molti video, poiché “lo storytelling deve adattarsi ai nuovi modi di consumare l’informazione, che oggi si spizzica e passa soprattutto dai device mobili”.
Come si costruisce una storia efficace? È fondamentale scegliere le emozioni giuste da trattare: spesso – soprattutto nella comunicazione sociale – domina la tristezza, un sentimento universale che tuttavia non provoca alcuna reazione né desiderio di condivisione. Ciò che crea engagement e lo stimolo a interagire con gli altri è la sorpresa, l’umore o la rabbia, poiché si tratta di emozioni che inducono all’azione. Da evitare anche il registro aggressivo: “siamo tutti assuefatti dalle storie urlate a gran voce: drammatizzare troppo fa perdere credibilità e può diventare addirittura trash” – afferma la Prezzo. Giovanna Cosenza conclude sul futuro dello storytelling, che ruota intorno a tre parole: convergenza – fra vecchi e nuovi media –, multimedialità – cioè ambienti di comunicazione multiformi che devono essere integrati – e polifonia di linguaggi, in un giusto equilibrio fra storie brevi e narrazioni più complesse.
Silvia Mazzieri
@SilviaMazzieri