Ti opponi? sarai delegittimato. Come riconoscere e fermare la macchina del fango – Incontro con Roberto Saviano. “SAVIANO: BLOCCHIAMO LA MACCHINA DEL FANGO”

È iniziato con una battuta l’intervento di Roberto Saviano al Teatro Pavone di Perugia per inaugurare il Festival del Giornalismo: «Biagi mi aveva detto scherzando che sarei stato odiato per quello che scrivevo. Mi disse: “Per esempio, quando diverrai primo, verrai odiato dal secondo che hai superato”. Così quando l’editore mi chiamò per dirmi che ero primo in classifica sono corso a vedere chi avevo superato: il Papa». Scrosci d’applausi e poi via, a raccontare la macchina del fango. Quel sistema di delegittimazione che si mette in moto ogni volta che il potere viene criticato e si sente in pericolo. Un sistema a orologeria, infallibile, che si radica nella psicologia della gente. Anche di quella brava, ingenua, in buona fede. È un allarme quello lanciato da Saviano: «Se ti opponi – ha detto – non sarai ucciso (almeno non per adesso), ma di certo sarai delegittimato: faranno in modo che le tue parole perdano valore e useranno il metodo dell’insinuazione». Lo scrittore non ha dubbi: la strategia che sta portando avanti il potere non è quella di difendersi, ma quella di delegittimare. Il meccanismo è quello che sta alla base di messaggi come: “Guardate che queste cose le fanno tutti: tutti hanno gli scheletri nell’armadio. Tutti sporchi, nessuno sporco”. È la cosiddetta “logica del peggiore”. Quella che ci permette di pulirci la coscienza pensando che anche chi si è dimostrato più bravo, coerente e coraggioso di noi sia comunque corrotto. È tutta una grande giustificazione per tenerci mediocri, per non permetterci più di riconoscere cosa è giusto da cosa è sbagliato, cosa è meglio da cosa è peggio: «Tutti sbagliano – ha precisato Saviano – siamo uomini. Però una cosa è aver sbagliato, una cosa è essere corrotti». La macchina del fango non mira a rafforzare i nemici delle vittime, ma a indebolire e spaccare i loro amici. Vuole isolarle, farle passare per bugiarde, instillando il dubbio dell’onestà. Secondo la logica perversa della macchina del fango, deve esserci qualcosa di sporco dietro queste persone, altrimenti non si sarebbero esposte tanto. In questo modo Don Peppe Diana era un pedofilo o conservava armi; Falcone era un arrivista televisivo; Boffo un omosessuale; Fini il proprietario occulto di un appartamento a Monte Carlo. Le vittime sono giornalisti, politici, magistrati, attivisti. In poche parole tutti coloro che si oppongono al sistema di potere: sia esso quello mafioso o quello legale. L’arsenale della macchina del fango è composta dai megafoni mediatici, ma anche dalle migliaia o milioni di bocche delle persone innocenti, che spesso perpetuano l’insinuazione senza sapere il male che fanno. «Durante una trasmissione televisiva – ha raccontato Saviano – una ragazza chiese a Falcone senza alcuna malignità: “Ma se lei ancora vivo, chi la difende?”. Falcone abbassò la testa, guardò il pavimento e poi rispose: “Per essere creduti dobbiamo morire”. Corrado Augias, che lo stava intervistando, notò la durezza della constatazione e Falcone, sempre guardando a terra, commentò ancora una volta: “È vero, è così”». Prima di chiudere il suo intervento, Saviano ha lanciato un appello a tutti coloro che si trovavano al Teatro Pavone e coloro che seguivano la diretta attraverso internet o Sky: «È facilissimo cascare dentro queste insinuazioni, anche in buona fede: così le si perpetua, le si diffonde ancora di più. Io mi appello ad ogni individuo, uomo e donna, che mi sta ascoltando: quando sentirete delle accuse che non sono critiche, ma sono la solita “sono tutti la stessa schifezza”, puro fango, fermatele. Aiutate la difesa di chi cerca un percorso diverso, cosicché possa andare avanti».

Enrico Santus