Anni di precipitarsi con la continua distruzione delle strutture democratiche e del lavoro del giornalisti. » questa la situazione in Turchia in particolare dopo il fallito colpo di Stato della scorsa estate. Purghe e crudelt‡ contro la professioane giornalistica anche in vista del prossimo referendum. Sono tra centocinqua e centosassanta i giornalisti portati in carcere. I due terzi dei giornalisti arrestati nel mondo sono proprio in Turchia. Difatto, con questa situazione, manca nel paese una opposizione concreta che faccia informazione corretta rispetto a ciÚ che sta accadendo. Sono due i canali tv critici e si contano solo quattro testate cartacee che ancora riescono ad operare dignitosamente ma la loro diffusione Ë davvero bassissima, ovvero nell'ordine di poche migliaia di copie diffuse ogni giorno. Spesso prevale un atteggiamento di autocensura dei giornalisti che non fa altro che spalancare la strada a un vero e proprio regime autoritario.
Efe Kerem Sozeri, direttore Dekadans.co, studia la censura in Turchia soprattuto quella dei profili Twetter. Lui ha evidenziato un vero e proprio declino della libert‡ di espressione nel suo paese. Il Governo non fa altro che distrurbare la connessione dei social networks che vengono utilizzati per diffondere informazioni e notizie. Basti pensare al fatto che il 75% degli account Twitter bloccati nel mondo sono di persone che risiedono in Turchia. Secondo il giornalista non esiste pi˘ lo stato di diritto. Ci sono delle vere e proprie liste nere imposte dal Governo e approvate poi dai Tribunali che permettono la censura di molti profili e molti account: anche quelli verificati che diffondono, quindi, informazioni attendibili sulle politiche governative. Sono quelli di giornalisti e testate giornalistiche contri cui mirano le misure adottate dal Governo per non permettere una adeguata attivit‡ di reporting e di informazione.
Gulsin Harman, International Press institute, afferma che la Turchia Ë un limbo per i giornalisti sia turchi che stranieri. Stanno uccidendo il giornalismo, afferma. Gli arresti sono quasi sempre dettati da motivi politici: si tratta di coloro che sono critici contro il Governo centrale e le sue politiche. Fare qualsiasi tipo di commento Ë diventato un reato. La situazione di limbo permane perchÈ non si capisce cosa sia reato e cosa non lo sia. Non c'Ë pi˘ possibilit‡, per i giornalisti, di fare opposizione. Molti vengono perseguiti online da troll e censure. In tanti resistono cosÏ come le testate stanno cercando strumenti alternativi per soprattivere e cercare indipendenza. In molti casi i mezzi di informazione vengono bloccati. Harman, rivolgendosi ai colleghi occientali, dice che mai nessun governo deve normalizzare situazioni che sono anticostituzionali e non bisogna abituare le persone a certe pratiche: cosa che sta avvenendo in Turchia, purtroppo.
Marta Ottaviani, giornalista de La Stampa e Avvenire, ha vissuto in Turchia e torna periodicamente. Ha notato il deteroriamento della democrazia nel paese. La situazione Ë precipitata proprio dopo il mancato colpo di Stato: da lÏ ha iniziato ad avere paura perchÈ molti giornalisti sono stati accusati di aver fatto propaganda terroristica contro lo stato turco. In molti casi non viene rinnovato il tesserino stampa, molti vengono fermati dalla Polizia e interrogati e il loro materiale viene sequestrato. Dunque, tutto pi˘ difficile anche a causa dell'atteggiamento mutato della popolazione locale che spesso ostacola il lavoro dei giornalisti e dei corrispondenti esteri. CiÚ Ë palesato anche dal fatto che molti commercianti sono diventati spie della polizia e non sono pi˘ fonti attendibili sul territorio come in passato. A ciÚ si aggiunge la difficolt‡ di accedere al Paese per molti colleghi. Oggi, dice Ottaviani, il popolo turco ha una rabbia nei confronti dell'Europa, dell'Occidente e degli occidentali. CiÚ Ë dovuto principalmente alle politiche antieuropeiste di Erdogan.
Dal pubblico diverse domande interessanti e spunti critici. Alla fine del panel la foto che ritrae i partecipanti con un cartello tra le mani sul quale c'Ë scritto: #FreeTurkeyMedia.
Alessandro Bottone