Panel: Anne-Lise Bouyer, Sylke Gruhnwald, Jacopo Ottaviani, Daniele Grasso
Il Manifesto del Data Journalism nasce dall’idea di un’Europa unita in cui giornalisti di nazionalità e culture differenti possono collaborare e cooperare nel tentativo di espandere le loro storie al di là delle frontiere nazionali. Le quattro menti fondatrici di questo ambizioso progetto si sono confrontate oggi, Venerdì 8 Aprile, alle ore 9.15 presso la Sala del Dottorato, con un pubblico internazionale formato da giornalisti digitali e semplici curiosi e hanno approfondito l’idea alla base del loro Manifesto.
“L’idea è nata all’incirca quattro mesi fa e prende spunto dalla nostra esperienza personale di giornalisti che collaborano su diversi progetti europei,” rivela il moderatore dell’incontro, Daniele Grasso. “Ci siamo resi conto di come il data journalism fosse ormai ovunque, ma di come allo stesso tempo fosse ancora difficile dargli una vera e propria definizione. Le persone hanno iniziato a chiedersi cosa fosse per davvero questo data journalism e credo che questo manifesto, per quanto non ancora terminato, provi a dare delle risposte concrete.”
I quattro giornalisti provengono da background diversi, ma condividono la stessa voglia di convogliare le loro differenze culturali in un progetto che vuole abbattere le frontiere nazionali, abbracciando i valori fondamentali dell’Unione Europea. Ottaviani svela come per lui questo manifesto abbia un significato prima di tutto politico: “ La propaganda spesso si basa su falsi dati e teorie cospiratrici e credo fortemente che il data journalism possa aiutare a combattere questi approcci propagandistici. Questo manifesto può servire da mezzo per diffondere valori comuni ed abbracciare i valori chiave Europei in tutte le redazioni.” Ottaviani spera, infatti, che possa portare ad un numero maggiore di investigazioni a livello Europeo ed allo stesso tempo aiutare i giornalisti a capire come integrare dati nella loro narrazione.
La trasparenza e l’apertura da parte dei media a condividere i dati a loro disposizione sono punti chiave del progetto, soprattutto perché in molti paesi Europei ancora non sono stati varati i Freedom of Information Acts. Anne-Lise Bouyer spiega come alcuni giornalisti contattati inizialmente avessero manifestato dubbi sulla disponibilità da parte degli editori di rivelare e pubblicare tali informazioni. “Tuttavia,” continua fiduciosa, “essere trasparenti ed aperti dimostra al pubblico che si sta lavorando in maniera coscienziosa e scrupolosa e tutto ciò può accrescere la fiducia dei lettori, che è quello che tutti gli editori vogliono.” La condivisione a livello internazionale può anche aiutare a porre fine ai problemi dettati dal copyright, a causa del quale spesso i giornalisti non possono ripubblicare dati e informazioni per quanto magari interessanti.
“Volevamo essere aperti e chiari fin dall’inizio e abbiamo provato ad esserlo soprattutto nella Metodologia,” rivela Sylke Gruhnwald . “Il Manifesto è un lavoro ancora in corso, ma siamo aperti a suggestioni e collaborazioni,” continua. L’Americano ProPublica è un esempio di quello che il data journalism, se coeso e condiviso, possa arrivare a fare, ma, continua Gruhnwald, “qui siamo in Europa e non dobbiamo necessariamente avere un ProPublica Europeo. L’importante è, infatti, avere un buon network, per quanto al momento il problema principale sia quello della mancanza di fondi.”
Ottaviani chiude l’incontro con un reminder importante: “L’Europa è ancora un concetto abbastanza vago e noi non vogliamo chiudere le porte ai non Stati membri, ma al contrario aprirle a tutti quelli che condividono i valori comuni Europei.”
Ludovica Tronci