You, the mobile journalist

Ugo di Fenza e Luciana, questo i loro nickname, sono i vincitori del contest You, the mobile journalist, il primo con la foto dal titolo Roma Brucia, la seconda con il video intitolato Senegal, cronaca di una vittoria popolare.

“Abbiamo avuto l’opportunità di essere presenti al Festival, volevamo dare un nostro contributo e lo abbiamo fatto cercando di stimolare un uso di questi strumenti che potesse essere creativo e legale – ha dichiarato Marco Patuano, amministratore delegato Telecom Italia – Stiamo per costruire piattaforme, attraverso investimenti di circa due miliardi di euro per la sola Italia, che possano godere di un’altissima performance prima impensabile”.

Il contest sponsorizzato da Tim e organizzato in collaborazione con Associazione Giornalisti Scuola di Perugia si inserisce nell’ambito di un panel sull’evoluzione e la mobilità del giornalismo partecipativo. Al dibattito, moderato dal direttore di linkiesta.it Jacopo Tondelli, si è discusso dell’utilizzo degli smartphone nel giornalismo e di come i telefonini hanno cambiato il modo di fare informazione. Cosa succede quando un non professionista lancia un video o delle foto che documentano un fatto prima che la stampa possa pubblicarlo?

“L’idea è che la televisione e gli strumenti di mass media andranno comunque avanti. La televisione non sarà stravolta da questo nuovo modo di fare giornalismo e difenderà la certificazione della notizia, l’analisi e dall’altra parte la capacità di costruire gli eventi in cui poi gli altri parlano – ha detto Paolo Ruffini, direttore LA7. – La nostra sfida è stare al passo con la rivoluzione tecnologia, sia nel produrre sia nell’offrire l’informazione, per creare qualcosa che renda possibile una connessione sincronica e diacronica”.

I telefonini hanno arricchito il mondo del giornalismo fin dalla loro nascita, quando era possibile comunicare con la redazione o dettare le notizie in tempo reale. “È un cambiamento che non possiamo fermare e non avrebbe senso farlo, ma nello stesso tempo dobbiamo saperlo gestire e avere la capacità di verificare alcune notizie e capire se i segnali che arrivano dal mondo sono credibili. – spiega Luigi Contu, direttore ANSA – Quest’anno lanceremo un progetto video e se non ci fossero gli smartphone per noi sarebbe impossibile cercare di organizzare questo tipo di servizio con la crisi che stanno attraversando le testate giornalistiche”.

Con il giornalismo partecipativo, l’uso di smartphone, tablet e social network per fare informazione, nascono anche nuove forme professionali come quella del social media curator, che cura i flussi di informazioni che passano attraverso i media. “Durante la rivoluzione tunisina nessun mezzo di informazione tradizionale ne parlava, mentre in rete c’erano foto e video pubblicate da tunisini scesi in piazza per manifestare – conclude Claudia Vago, social media curator – Mi sono accorta che il modo di fare informazione stava cambiando ma non credo che ci sia un nuovo giornalismo che prenderà il posto del modo tradizionale di fare informazione. Ci sarà un’integrazione che renderà più ricchi e completi i tradizionali mezzi di comunicazione. Il problema però sta nel capire in che modo il lavoro di filtro delle notizie possa essere fatto nel miglior modo possibile e in maniera rapida”.

Irma Annaloro