Giornata mondiale della libertà di stampa: la voce dei testimoni

Nella giornata mondiale della libertà di stampa il Centro Servizi G. Alessi ha riunito illustri esponenti del giornalismo internazionale che, nello svolgimento della loro professione hanno visto minacciata questa libertà.

A moderare l'incontro Hanna Storm, direttrice di Insi, istituto che si occupa per l'appunto della sicurezza di chi opera nel campo dell'informazione. Prima di dar via al dibattito la Storm ha voluto rivolgere un pensiero ai nove colleghi di Al Jazeera, prigionieri in Egitto. Questa mattina è stata pronunciata l'ultima sentenza dell'accusa che li ha incolpati di terrorismo,  in quanto viene sostenuto che abbiano collaborato con i Fratelli Musulmani. "Qualsiasi voce contro il governo è accusata di terrorismo", afferma la giornalista freelance Laura Capon. Lei, che l'Egitto lo conosce bene e lo racconta da diverso tempo, denuncia un peggioramento della condizione dei giornalisti nello Stato egiziano. Due sono sono le date individuate dalla Capon come punto di svolta verso il basso: il 31 dicembre, giorno dell'arresto dei giornalisti di Al JAzeera e il 14 gennaio, quando alcuni operatori dell'informazione sono stati aggrediti da folle inferocite. "Prima il popolo supportava i media, che parlavano della rivoluzione. Adesso, col ritorno dello stato di polizia, l'attacco è da entrambi i lati".

La stessa ostilità nei confronti dei giornalisti viene riscontrata anche in Messico dal giornalista Diego Enrique Osorno, anche lui presente all'incontro : "La gente vede il giornalista come una persona di potere, lontana dal popolo. E non sempre questa è una percezione falsa. Il giornalista deve tornare ad essere amico della società". Il Messico è uno dei luoghi più pericolosi per esercitare la professione giornalistica. Nel 2000, con il cambiamento del sistema elettorale, si era sperato in un miglioramento della situazione, che è al contrario peggiorata, tant'è che Osorno racconta di essere stato costretto ad andar via dal paese.

L'ulteriore deterioramento della libertà di stampa non è solo un male messicano. Yavuz Baydar, fondatore di P24, piattaforma per l'indipendenza, cita il report del primo maggio che aveva analizzato la situazione mondiale denunciando il peggioramento. I criteri di analisi sono stati quattro: l'indipendenza dei giornalisti, la sicurezza, il pluralismo e la libertà. In Turchia, paese dal quale proviene il giornalista, non si registra un problema di pluralismo, ma lo stesso non si può dire della libertà e dell'indipendenza. Le intimidazioni e le censure non avvengono tramite la detenzione, ma attraverso il licenziamento. Un destino che l'ha coinvolto in prima persona, licenziato dopo aver difeso il giornalismo davanti il Palazzo del governo.

La censura si esplica in maniera diversa in Italia, come viene spiegato all'incontro da Lirio Abbate, il giornalista di l'Espresso minacciato dalla mafia. Oltre alla "censura delle pallottole" operata dalle organizzazioni criminali, quando l'utilizzo della violenza non è possibile, la minaccia alla libertà di stampa avviene per vie legali. Le liti temerarie costringono diversi giornalisti a sostenere spese astronomiche per difendersi dalle accuse, pur avendo documenti in mano che accertano la veridicità di quanto da loro scritto. Un problema relativo per le grandi testate, che hanno a capo un direttore in grado di sostenere il giornalista nella sua battaglia, ma fatale per i piccoli giornali, che spesso tendono ad operare un'autocensura preventiva per non correre il rischio.

Sul finale la Storm ha voluto nuovamente ricordare i colleghi di AL Jazeera, sottolineando l'importanza della solidarietà per garantire la libertà stampa, non solo un diritto ad informare, ma anche ad essere informati: "Il loro problema è il nostro problema".

Silvia Renda