Cambiamenti climatici e migrazione: la storia non raccontata

Il cambiamento climatico non fa notizia. Questo è quanto emerso dal rapporto elaborato da Ifad, Fondo internazionale per lo Sviluppo Agricolo, e presentato al Centro Servizi G.Alessi, in occasione del Festival del Giornalismo.
Tre sono state le fasi della ricerca, racconta Sam Dubberley (co-fondatore dell’Eyewitness Media Hub). In un primo momento  sono stati organizzati 8 focus group, tra luglio e settembre 2015, con consumatori di notizie di vario genere in Francia e Regno Unito. Si è, poi, passati all’analisi dei contenuti in un arco di tempo che copriva i due mesi precedenti e successivi a Cop21, la conferenza internazionale sul clima che si è tenuta a Parigi nel dicembre del 2015. Infine, è stato usato uno strumento metodologico, il news game, per vedere come le persone, di diversa età e professione, creassero un notiziario.
Come da copione dopo la Cop21, l’attenzione dei media sui cambiamenti climatici è andata via via scemando. I risultati del new game hanno, inoltre, mostrato una  stessa costruzione del notiziario rispetto a quelli tradizionali. Una replica. Un solo punto di vista, che mette ancora una volta in secondo piano l’ambiente e il clima.
Cosa c’entra con tutto questo la migrazione? Pochi sanno del circolo vizioso tra migrazione e cambiamento climatico, che anzi sono profondamente connessi. Il cambiamento climatico è uno dei drivers dei flussi migratori. Un altro fattore per niente considerato è quello dell’agricoltura. I mass media, infatti, raccontano il cambiamento climatico attraverso immagini stereotipate che non aiutano a capire quello che sta succedendo.
“Quando parliamo di cambiamento climatico non dobbiamo pensare all’orso polare – nota Jacopo Monzini di IFAD – L’aspetto importante è pensare al fatto che la maggior parte dei migranti si sposta per la scarsa alimentazione. Si tratta di migranti rurali che sono costretti ad andar via dai loro paesi  perché il clima è cambiato non solo nella loro terra, ma anche quelle vicine. Si recano, così, in luoghi dove possono esprimere il proprio capitale umano.”
Una delle soluzioni delineate, nel corso dell’incontro, è iniziare a pensare che il cambiamento climatico non è un “mostro alieno”. Per Monzini “è necessario un’ottimizzazione della gestione delle risorse, che permetterà di sostenere anche quelle comunità che nell’immediato non possono farlo.”
Cosa invece deve cambiare nei media? Il paradigma del “se sanguina ti fa muovere” deve essere sostituito. La strada da intraprendere per Laurie Goering è una: “bisogna informare e formare le persone” In altri termini l’informazione ha il dovere di educare a nuovi tipi di comportamento sostenibile.

Alina Dambrosio