Capitani coraggiosi

La Sala Lippi è stata teatro dell'incontro che ha avuto come filo conduttore il libro “Capitani Coraggiosi. I venti cavalieri che hanno privatizzato l'Alitalia e affondato il paese”, scritto dal giornalista del Sole 24 Ore Gianni Dragoni. La storia della vicenda del salvataggio di Alitalia ad opera di un gruppo di imprenditori italiani messo insieme per contrastare l'offerta di Air France, ha dato il là ad una discussione più approfondita sul cosiddetto capitalismo di relazione (dove la legge del mercato è subordinata alle conoscenze personali e ad appoggi politici), troppo spesso prevalente in Italia sulle logiche del libero mercato. Questi “paladini della crescita zero”, come li ha definiti criticamente Dragoni, sono il simbolo dell'incapacità del sistema finanziario italiano di uscire da certe logiche di cartello. Il giornalista del Sole 24 Ore nella sua inchiesta porta altri esempi a dimostrazione della sua visione negativa del sistema: scrive della famiglia Benetton, del caso Ligresti, di Corrado Passera. Tutti soggetti, secondo Dragoni, che non apportano nessun contributo all'economia reale ma alimentano solamente le loro rendite di posizione conquistando fette di potere. Ad interloquire con l'autore del libro Dario Di Vico, vicedirettore del Corriere della Sera, e Tobias Piller del Frankfurter Allgemeine Zeitung. Di Vico è partito dal fatto che “l'incubo spread” non solo ha terremotato il giornalismo politico, ma ha sconvolto alla base il giornalismo finanziario, riportando in primo piano, giustamente sottolinea lui, l'economia reale. Di Vico ha tenuto anche a precisare che “il capitalismo di relazione italiano non è una creazione della politica, ma è stato costruito ed architetto dal presidente storico di Mediobanca Enrico Cuccia”. Con ciò ha voluto anche sottolineare che dopo la scomparsa di Cuccia il sistema italiano sta vivendo una fase in cui gli equilibri creatisi, e prevalenti per lungo periodo, stanno iniziando a scricchiolare. “Il libro di Dragoni tratta delle relazioni tra imprese e stato – ha dichiarato all'inizio del suo intervento Piller-, un modello che si dichiara liberista non deve avere costrizioni ma deve avere concorrenza. Quando un imprenditore è in difficoltà non deve gridare al nazionalismo o aiuto aiuto ai politici perché arrivino a salvarlo dallo straniero, com'è successo in pratica con il caso Alitalia”. Nella parte finale dell'incontro si è dibattuto sul ruolo di alcuni media nell'esaltare o nel fare pubblicità a determinati gruppi economici, che in molti casi sono anche gli editori di testate e quotidiani. Per Dragoni nei giornali “il padrone non è solo l'editore, ma anche il grande inserzionista pubblicitario”, e questo, secondo il giornalista del Sole, provoca spesso in Italia un'informazione quanto meno accomodante su certi gruppi economici. In contrasto con Dragoni su questo tema, Di Vico ha sostenuto che non è né utile né opportuno attaccare in modo integrale e semplicistico la pubblicità, che rappresenta per il mondo del giornalismo cartaceo la sua fonte di profitto principale. Il vicedirettore del Corriere della Sera attacca anche, nel ragionamento di Dragoni, un certo modo di pensare dietrologico e sospettoso secondo cui chiunque scriva bene, o non scriva per niente, di un certo banchiere o imprenditore lo faccia solamente per interessi “lavorativi”.

Andrea Tafini