Cronaca nera, effetti collaterali

Mercoledì 6 novembre al Teatro della Sapienza la cronaca nera fa da protagonista. Nunzio Rizzo Nervo, presidente del CISSFAGR e moderatore dell’incontro, chiede ai suoi ospiti  (Lucia Annunciaziata, Duilio Giammaria e Antonio Socci) come si raccontano i casi di cronaca nera, che spesso sono oggetto di sciacallaggio mediatico. Una riflessione che si rende necessaria dopo 15 anni di ipertrofia comunicativa del crimine. La questione è da subito affrontata nel reportage realizzato da 25 allievi della scuola di giornalismo sotto l’occhio attento di Dulio Giammaria del Tg1.
Come il giornalismo deve informare sui casi di cronaca nera? Quali sono gli effetti economici e sociali nel luogo dove avviene il delitto?  L’esempio emblematico è rappresentato dal caso Meredith che ha inondato le prime pagine dei quotidiani e i palinsesti televisivi italiani e non. Il processo mediatico ha visto gli stessi giornalisti schierarsi in “innocentisti” e “colpevolisti” rispetto ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito.  L'omicidio della Kercher ha, inoltre, avuto un impatto di non poco conto sulla città di Perugia, che da oasi tranquilla era diventata in pochi giorni la nuova Gomorra. Il capoluogo umbro, infatti, ha registrato negli anni con un calo delle iscrizioni all’università, dovute da una parte alla crisi economica e dall'altra dalla retorica del degrado.
Quest'episodio si installa in quel filone di cronaca nera, che ha avuto inizio con il delitto di Cogne, momento in cui è cambiata la narrazione del fatto di cronaca nera. Il dibattito si sposta dai luoghi del delitto, dove scoppia il circolo mediatico, ai salotti televisivi. Il crimine diventa, così, una nuova forma di intrattenimento che assume i tratti della morbosità. Secondo Duilio Giammaria le responsabilità sono di quel giornalismo che ha sfruttato commercialmente l’impatto con il pubblico, dimenticando il proprio ruolo di mediazione e di critica. Se si deve parlare di cronaca nera, lo si può fare accendendo la luce su alcuni fenomeni sociali che possono scaturire dai fatti di cronaca e non mercificandoli. “Non possiamo permetterci che il male irrompa nei nostri palinsesti senza una riflessione – ribadisce Antonio Socci - Il rischio è che i media ci portino prima della tragedia, della pietà e del pensiero. Non si può non parlare di cronaca nera, ma il punto è come la si tratta? Come il pubblico vuole” In altri termini manca un’elaborazione culturale. Di un parere simile è Lucia Annunziata, che sottolinea l’importanza della capacità di leggere un evento e del valore pubblico che un dettaglio possa avere, si pensi al caso Regeni. “ Non bisogna trattare la cronaca nera come materia vile – continua la direttrice dell’Huffigton Post-  Il problema è che per fare la cronaca si prende chiunque. La cronaca nera è fatta di delitti, avvocati, accuse e difesa, che hanno imparato ad usare i media e il circolo mediatico a proprio vantaggio.” Occorre, quindi, saper trattare la materia. Il giornalista, inoltre, secondo Annunziata, deve sempre poter scegliere individualmente. Competenza e responsabilità sono due caratteristiche imprescindibili, a maggior ragione nel delicato settore della cronaca nera.
Prima del dibattito, inoltre, un momento è stato dedicato alla premiazione di studenti e studentesse della scuola di giornalismo di Perugia, in occasione del quale è stato ricordato l’ex presidente dell’ordine dei giornalisti della Regione Umbria, Dante Ciliani, e Nunzio Bassi, mentore per generazioni di giornalisti che hanno seguito i corsi della scuola di giornalismo.

Alina Dambrosio