Perugia, 16 aprile 2015 – Alla Sala dei Priori dell’Hotel Brufani Bruno Saetta, avvocato che si occupa di applicazione del diritto in rete e delle problematiche a esso collegate (responsabilità dei provider, privacy e tutela dei dati personali) e Fulvio Sarzana, avvocato e blogger che si interessa di diritto dell’informazione, discutono di diritto d’autore e libertà d’espressione.
Il dibattito prende avvio da una domanda: in che modo il diritto d’autore riguarda l’attività giornalistica? Sarzana riflette sul fatto che l’informazione, specialmente quella in rete, presenta due facce: la faccia proprietaria, ovvero la faccia di coloro che fanno informazione, e la faccia di coloro che usufruiscono di tali informazioni, e che hanno il diritto a essere informati. Di conseguenza, se si avalla un divieto d’accesso ad alcune fonti si rischia contemporaneamente che alcune informazioni lecite siano invece eliminate dalla rete. “Questo è il problema che abbiamo oggi su internet”, spiega Sarzana, “che lecito e illecito sono indissolubilmente legati tra loro. Se noi utilizziamo un’accetta per tagliare qualcosa si rischia di cancellare contenuti leciti. Il caso Snowden e WikiLeaks dimostrano che ci sono informazioni che noi possiamo e dobbiamo trovare da soli per poter fare una valutazione comparativa che non tralasci nulla. Eliminando determinate fonti, creandoci dei blocchi per ragioni di copyright, si rischia un impoverimento culturale”. Ciò comporta inevitabilmente la necessità di trovare una proporzione. Sarzana ricorda che la nostra Costituzione affronta il tema della libertà d’espressione nell’articolo 21: “noi dobbiamo proteggere come giuristi la libertà d’espressione; se invece iniziamo a cancellare informazioni in rete impoveriamo la nostra cultura e limitiamo la nostra possibilità di accedere a contenuti informativi esteri. Se non ci mettiamo nell’ottica di cambiare le cose siamo già morti”. Il giurista si sofferma inoltre sul fatto che le informazioni e le idee non sono una proprietà, eppure molto spesso il copyright viene utilizzato proprio per limitare la libertà di farle circolare. Il suo intervento si conclude con un monito rivolto ai giovani giornalisti: “fate attenzione a vagliare sempre tutte le fonti, sforzandovi di non attingere solo alle veline delle istituzioni, decidendo quali informazioni divulgare solo dopo averle valutate criticamente”.
Quando si parla di copyright si ritiene che la questione riguardi solo le grandi aziende che si occupano di informazione. In realtà, come spiega Bruno Saetta, il copyright è qualcosa di molto più pervasivo di quello che l’opinione pubblica ritiene, dal momento che qualsiasi attività svolta online genera una copia cache. Tuttavia la generazione della copia non comporta di conseguenza una violazione del copyright poiché le normative europee e nazionali ammettono alcune “eccezioni”. L'Unione europea ha infatti approntato una dettagliata normativa al fine di regolamentare l'attività degli intermediari della comunicazione in maniera unitaria negli Stati dell'Unione: le direttive stabiliscono delle utilizzazioni libere, 21 casi dei quali solo uno è vincolante per tutti gli Stati, quello della copia cache appunto. “Per proteggere gli interessi economici delle industrie del copyright”, spiega Saetta, “noi privati abbiamo già perso molti dei nostri diritti fondamentali: basti pensare che la comunicazione on line non è mai privata, è sempre tracciata e che i grandi provider di messaggistica leggono tutte le nostre mail. La nostra libertà di espressione quotidiana è diventata una merce di scambio tra i governi, che hanno interesse a controllare i contenuti delle nostre email, e le industrie del copyright. Ciò che realmente interessa le industrie è eliminare il diritto di comunicazione privata in virtù di interessi economici”.
Sulla battaglia del copyright si sono pronunciati anche 17 economisti, tra cui 5 premi Nobel, i quali sostengono un modello di internet che torni finalmente a tutelare i diritti fondamentali dei cittadini, a discapito stavolta della predominanza degli interessi economici delle industrie, colpevoli di aver proposto un mero modello di rendita.
Internet presuppone una circolazione libera delle informazioni ed è errato pensare che bloccando le strade dell’informazione si possa cambiare in meglio una società (come pare pensarla invece Agicom, che addirittura è intervenuta su siti e forum quali risorse didattiche.net, o skuola.net, dove gli studenti si scambiano tesine). Conclude Sarzana: “questo è lo stato attuale del copyright, un qualcosa che non offre alle categorie più deboli e svantaggiate la possibilità di essere al pari con gli altri, non dà la possibilità all’attività giornalistica di potersi esprimere liberamente”.
Federica Meloni Cecconi