Trionfo di pubblico per Terence Hill e i suoi giovanissimi colleghi Federico Russo (Sebastiano) e Maria Sole Pollio (Sofia) al Festival del Giornalismo di Perugia. Il protagonista di Don Matteo ha raccontato il suo rapporto con il personaggio che interpreta da vent’anni, e ha anche mostrato in pre-anteprima – in programma questa sera in un cinema di Terni – alcune scene del suo primo film come regista, “Io sono Thomas”: un progetto a cui lavorava da dieci anni e di cui ha curato ogni dettaglio, dalla sceneggiatura alla colonna sonora. Thomas è un personaggio moderno, ma presenta i tipici elementi degli eroi western – il mistero sulla vita del personaggio, un’abilità fuori dal comune e la propensione a risolvere i problemi altrui – che hanno fatto la fortuna di Hill fin dai tempi di Trinità e che in fondo si ritrovano anche nello stesso parroco-investigatore, che usa la bicicletta come se fosse un cavallo e porta il basco al posto del cappello da cowboy.
Nel nuovo film non mancano le citazioni alla sua lunga carriera, a cominciare dai numerosi colpi di padella ai cattivi: un evidente omaggio alle tante scazzottate interpretate insieme all’amico di una vita Bud Spencer, a cui il pubblico del teatro Morlacchi ha dedicato un lungo applauso spontaneo. Scegliendo Terni per presentarlo, Hill – il cui padre era di Amelia – ha confermato ancora una volta il suo attaccamento alla sua terra d’origine. «Da Gubbio a Spoleto, senza l’Umbria “Don Matteo” non sarebbe stato lo stesso», aveva detto in precedenza il vicepresidente della Regione Umberto Paparelli, notando come le due cittadine d’arte abbiano avuto un vero e proprio boom turistico in corrispondenza delle serie della fiction. Per questo le puntate ora vengono introdotte dalle brevi “Favole del maresciallo C.” (già “pillole di don Matteo”), per promuovere anche altri centri minori della regione.
Il pubblico di giovanissimi ha però osannato soprattutto i suoi beniamini Federico e Mariasole, subissati di richieste di selfie e letteralmente rincorsi fino all’uscita. Non a caso Don Matteo è uno dei pochissimi programmi che ha ottimi indici di ascolto tra i ragazzi, contro un’età media del pubblico di Rai1 (e della televisione in genere) che sfiora i 60 anni. Terence Hill da sempre accetta solo ruoli adatti ad un pubblico anche di bambini e ama molto la possibilità di lavorare con i giovani attori. Però offre consigli solo se gli vengono richiesti in privato, perché crede che sul set conti soprattutto l’esempio. E in ogni caso, «ciascuno deve trovare da sé la sua strada».
A tenere dritta la barra del timone di Don Matteo ci pensano allora i due sceneggiatori Mario Ruggeri e Umberto Gnoli, custodi delle regole da rispettare in una delle fiction più popolari di Rai1, e inesauribili inventori di delitti che fanno sì che «Gubbio e Spoleto sembrano avere lo stesso tasso di criminalità di Bogotà», come li ha provocati la moderatrice Marianna Aprile. E’ vero – rispondono i due con un sorriso – ma il “giallo” è un pretesto: Don Matteo racconta l’Italia di oggi (e spesso è anche in anticipo sui tempi) trattando temi sociali. Ne è un esempio il personaggio di Sofia, rifiutata dalla madre perché frutto di uno stupro e poi sopravvissuta al terremoto, che affronta il suo conflitto adolescenziale vivendo in canonica e portando l’energia e il linguaggio dei giovanissimi in quel piccolo mondo antico di provincia fatto di personaggi tradizionali e incrollabilmente positivi come don Matteo e il maresciallo Cecchini, che ripropone ai giorni nostri il bonario sottufficiale dei Carabinieri di Pane, amore e fantasia.
Alessandro Testa