Germania al voto: tra miti e pregiudizi

Le elezioni olandesi e francesi sono solo un prologo, il futuro dell’Europa si giocherà in autunno in Germania. Il prossimo Cancelliere infatti non soltanto festeggerà il trentennale della caduta del Muro, ma sempre nel 2019 avrà un’enorme influenza nella scelta del successore di Mario Draghi al vertice della Banca centrale europea. Di questo hanno discusso oggi a Perugia Francesco Cancellato, direttore de Linkiesta.it, Birgit Schoenau (Die Zelt) e l’italo-tedesca Tonia Mastrobuoni di Repubblica.

I sondaggi prevedono un testa a testa fra la coalizione CDU-CSU di Angela Merkel e gli sfidanti socialdemocratici di Martin Schulz. È ovviamente presto per azzardare pronostici, ma la sola candidatura dell’ex presidente del Parlamento europeo – eletto leader del partito con un inedito 100% del voto dei delegati – ha già provocato diversi cambiamenti nel sistema politico tedesco.

Pur non essendo un politico molto carismatico – ma secondo Mastrobuoni ciò non è considerato un difetto in un paese che ha conosciuto il nazismo – Schulz ha rivitalizzato un partito vecchio, in crisi di identità e abbandonato da molti elettori a causa della sua partecipazione come junior partner alla grande coalizione al potere dal 2005 al 2009, e poi di nuovo a partire dal 2013. Oggi non solo molti giovani stanno facendo campagna per Schulz, ma – cosa forse ancora più inattesa – l’Europa è tornata ad essere un tema positivo della campagna elettorale.

A rischiare di più è quindi la coalizione CDU-CSU, guidata da una Cancelliera uscente che ha esitato molto prima di accettare la candidatura per un quarto mandato e che si è lasciata convincere solo a causa dell’enorme vuoto politico alle sue spalle. L’unica alternativa credibile – tralasciando l’ipotesi del “falco” Schäuble – sarebbe stata quella del ministro della Difesa, Ursula von der Leyen, considerata però da molti esponenti del partito una «donna troppo perfetta» (in quanto medico di successo e madre di sette figli).

Chi arriverà primo esprimerà il Cancelliere, ma – escludendo un’ennesima grande coalizione – per poter governare dovrà trovare un accordo con almeno uno degli altri quattro partiti. In particolare quelli tradizionalmente alleati, rispettivamente i Verdi e i Liberali, stimati entrambi al 6,5%. Resteranno invece sicuramente all’opposizione i partiti populisti di destra (AfD) ed estrema sinistra (Linke), accreditati del 9% a livello nazionale, ma la cui forza è concentrata nei cinque länder della ex Germania est.

Si tratta di regioni dove una o due generazioni hanno vissuto il socialismo reale – ha spiegato Schoenau – e dove quindi c’è una percezione diversa sia della democrazia che dell’immigrazione, pressoché assente ai tempi della DDR. Secondo la giornalista tedesca, più che il numero degli asylanten da accogliere il vero tema forte della campagna elettorale sarà come ridurre il divario sociale, che oggi vede interi quartieri popolati da disoccupati che vivono dei sussidi governativi.

Il sistema politico tedesco è connotato tradizionalmente da una grande stabilità, con appena 8 premier (e 18 governi) dal dopoguerra. Questo anche grazie ad un sistema elettorale che prevede un primo voto per un deputato da eleggere con il sistema maggioritario in 299 collegi uninominali ed un secondo voto per le liste di partito, con seggi assegnati proporzionalmente a chi ottiene almeno il 5% oppure ha già vinto in almeno tre collegi.

Di Alessandro Testa