Non più solo tentativi di mitigazione del cambiamento climatico, ma anche strategie di adattamento alla nuova realtà. E’ questo il cambio di paradigma proposto dall’Accordo di Parigi del dicembre 2015, su cui anche l’Italia si sta impegnando, e di cui si è discusso oggi al Festival del Giornalismo di Perugia, in un panel organizzato dall’associazione dei giornalisti ex frequentatori della scuola del capoluogo umbro.
La riduzione dei gas serra è ancora fondamentale, ma dobbiamo prendere atto che i cambiamenti climatici sono già in atto – hanno raccontato le ricercatrici dell’università Cà Foscari di Venezia, Enrica De Cian ed Elisa Calliari – con rischio desertificazione al centrosud, scomparsa dell’ecosistema montano dalle quote più basse e relativi danni, anche economici. Per questo l’Italia ha adottato una “strategia nazionale di adattamento”, anche se il piano dettagliato è ancora in attesa di approvazione. Ogni territorio ha infatti bisogno di interventi differenziati, ma ci sono delle costanti come la rinaturalizzazione dei corsi d’acqua per prevenire le alluvioni e il passaggio all’irrigazione a pioggia per risparmiare acqua. La sfida del XXI secolo sarà quella di integrare le politiche di adattamento con la riduzione del rischio e lo sviluppo sostenibile, che al momento parlano linguaggi in gran parte differenti.
Se la scienza ha problemi a mettere a sistema i nuovi progetti con quelli consolidati, in Italia la divisione in tante parti delle competenze amministrative è una tradizione di antichissima data. Per cercare di superarla la Presidenza del Consiglio ha istituito nel 2014 una struttura di missione – dal nome complesso ma meglio nota come “Italia sicura” – che è decaduta per legge insieme al governo Gentiloni, ma che il suo successore potrebbe riconfermare, come ha spiegato il suo attuale dirigente Michele Torsello, secondo cui più che un problema di soldi – 12 miliardi di euro sono già disponibili – quelli che davvero mancano sono i progetti di qualità, soprattutto per responsabilità delle Regioni: in particolare della Sicilia, che non ha fatto buon uso dei fondi ricevuti per contrastare la siccità.
Ancora più ottimista l’approccio del giornalista e divulgatore scientifico Marco Merola, che ha illustrato il progetto “Adaptation”, raccontando come il governo dei Paesi Bassi e la comunità scientifica olandese – integrata da colleghi stranieri, tra cui una giovane ricercatrice italiana – siano già al lavoro per riprendere la loro secolare lotta contro il mare. L’unica differenza rispetto al passato è che al posto delle dighe di cemento armato, che hanno un forte impatto sugli ecosistemi, la nuova «economia dell’adattamento» sperimenta tecniche naturali, come la trasformazione in frangiflutti dei fanghi scavati dai fondali del porto di Rotterdam o fattorie che riescono ad utilizzare l’acqua salata per le coltivazioni.
Al termine del panel, sono stati premiati i vincitori del premio “Nunzio Bassi” – primo coordinatore dei corsi della scuola di giornalismo di Perugia – riservato agli allievi dei master riconosciuti dall’Ordine. Quest’anno il tema del concorso erano i cambiamenti climatici e sono stati proprio gli attuali praticanti della scuola umbra a far man bassa di premi, vincendo con un webdoc di Giulia Bianconi, Camilla Orsini e Chiara Sivori e conquistando anche la menzione d’onore “Dante Ciliani” con Nicolò Canonico e Chiara Sivori. A Salvatore Tropea della Lumsa di Roma è andato invece il 2° posto assoluto.
Alessandro Testa