Sala del Dottorato, ore 18.30
Negli ultimi mesi è sorta una contesa tra Google e gli editori dei giornali sul web per la tutela dei contenuti multimediali e del copyright. Google news è percepito come una minaccia dai media digitali, perché di fatto, con le sue funzioni d’indicizzazione delle notizie, si sta trasformando in un editore. Il rischio è che, usando gli articoli pubblicati online dalle varie testate, possa sottrarre profitti ai siti di news. Se n’è parlato al festival di Perugia nel corso di un panel discussion con Peter Barron, direttore external relations di Google Emea. «In Francia a febbraio scorso il presidente della Repubblica François Hollande ha firmato un accordo che riconosce ad alcuni editori un contributo per i contenuti che finiscono nel motore di ricerca. Il colosso di Mountain View verserà 60 milioni in tre anni a un fondo che finanzierà progetti di digitalizzazione della stampa, fornendo ai giornali anche mezzi utili alla ricerca d’inserzioni – spiega Luca Conti, fondatore di Pandemia.com -. Anche il Belgio, vincendo una causa a colpi di carte bollate, ha ottenuto il pagamento per l’uso di alcune notizie da parte di Google».
Cosa pensano di Google i giornali italiani? «Il motore di ricerca serve ad aiutare i lettori a trovare materiale in rete, e potrebbe avere anche un valore aggiunto per i giornali – ammette Luca De Biase, giornalista del Sole 24 ore -. L’accordo stipulato da Belgio e Francia vale il 2% del fatturato dei giornali in quei paesi. Google si è dimostrato disponibile ad accompagnare gli editori nel loro processo d’innovazione, ma sono le testate che devono passare all’azione. E non è detto che lo facciano peggio della multinazionale americana. Google, tuttavia, sta sottraendo ai giornali il loro posto nella filiera di distribuzione delle notizie: bisogna difenderlo e rivalutarlo. Inoltre ha ridotto i costi di produzione delle notizie. E se un giorno creasse una mega-redazione con migliaia di giornalisti, potrebbe sbaragliare la concorrenza delle varie testate».
Il rappresentante di Google rassicura l’Italia. Il motore di ricerca non intende abusare della sua posizione di monopolio naturale in rete per danneggiare gli editori: «Noi facciamo tecnologia, non vogliamo essere un pericolo per i giornali. Non esiste alcun progetto di creazione di contenuti editoriali. Gli snipped, ovvero gli estratti di testo che compaiono nei risultati di Google, reindirizzano agli articoli e generano lettori per i media digitali. È un circolo virtuoso. E poi, se le testate non vogliono che i loro articoli compaiano nelle ricerche possono escluderli tramite i file robots.txt».
Qualcuno s’interroga sulla neutralità di Google: «Il portale è la più grande porta d’accesso al web, una grande azienda in continua evoluzione, con 750 milioni di introiti pubblicitari l’anno in Italia e fantastiche capacità d’innovazione – replica Claudio Giua, giornalista del gruppo l’Espresso -. Restituisce contenuti esaustivi per il lettore già al primo risultato di ricerca. Di fatto si sta trasformando in un editore, ma non si comporta come un servizio pubblico, favorendo l’accesso paritario a tutti i servizi di internet. Bensì come azienda privata che tende a indirizzare gli utenti preferibilmente sulle pagine web delle proprie controllate, come You Tube ad esempio». «Google vuole aiutare gli utenti e per loro inventa sempre le soluzioni più congeniali – replica Peter Barron -. Così ne ha conquistato la fiducia. Ma non è nemico dei giornali: è disponibile a lavorare con l’industria giornalistica per favorire l’innovazione. In Europa si è impegnato con vari progetti in diversi paesi: dal Regno Unito alla Francia fino alla Germania». È dello stesso avviso anche Mathew Ingram, del network GigaOM: «Non sono un avvocato, non so come funziona il copyright, ma vedo Google più come un amico che come un nemico. Gli editori devono solo capire come interagire al meglio con il motore di ricerca».
Erika Tomasicchio