I giornali tablet

Il tablet, l’ultima rivoluzione informatica iniziata solo un anno fa con la presentazione del primo iPad e oggi più che mai in atto: la concorrenza sta presentando le proprie piattaforme alternative, Apple ha risposto con l’iPad 2. Ad oggi 15 milioni di persone hanno in mano un tablet, ma il numero sembra destinato a crescere sempre di più. Come stanno affrontando la sfida gli editori e i giornalisti italiani? Ne hanno discusso Anna Masera, direttore del sito lastampa.it, Luca De Biase, direttore dell’inserto Nòva24 de Il Sole 24 Ore e Claudio Giua, direttore sviluppo e innovazione del Gruppo Espresso.

Il quadro che emerge dalle esperienze presentate è fatto di esperimenti come quelli della prima generazione di applicazioni per iPad attualmente presenti sull’App Store: ancora poco interattive e “personalizzate”, spesso realizzate da service esterni dal punto di vista tecnico e grafico. Servono cambiamenti più profondi nell’organizzazione interna delle redazioni e interfacce più innovative, capaci di sfruttare le potenzialità dei tablet. Il problema più grande, però, è quello della sostenibilità economica: le applicazioni gratuite vanno bene, quelle con contenuti a pagamento un po’ meno, dopo l’entusiasmo iniziale. Anche il Daily di Rupert Murdoch, dopo il grande lancio, sta scontando un calo nei download. Situazione simile a quella dei siti dei grandi quotidiani: tra quelli che hanno messo i propri contenuti a pagamento, solo il settore economico (Wall Street Journal, Financial Times) sta producendo utili, mentre un generalista come il New York Times ha avuto un crollo di lettori online.

Da un lato, quindi, il lettore digitale non vuole abbandonare il mito del “tutto gratis”, con gli editori costretti a combattere contro aggregatori (su internet, come Google News, o su app, come Zeit) che a volte “rubano” le notizie senza neanche reindirizzare al sito che le ha prodotte. Dall’altro, comunque, emerge una propensione a pagare per contenuti con un valore tangibile. Pro e contro anche per la piattaforma di distribuzione Apple, che da un lato fornisce grande visibilità ma dall’altro offre poca flessibilità: si sta iniziando a guardare verso altre piattaforme e sistemi di micropagamento (come Google OnePass), senza comunque abbandonare l’iPad, il cui successo pare anzi destinato ad aumentare. La ricetta per il futuro? Secondo Luca De Biase è una doppia sinergia: tra contenuti gratis (sostenuti dalla pubblicità) e a pagamento, come tra giornale cartaceo e versioni digitali.

E mentre i quotidiani si dibattono in una doppia strategia sito web/applicazione tablet, i magazine sembrano più orientati verso il secondo modello, secondo Marco Pratellesi dell’editore Condè Nast. L’utente del tablet, infatti, vuole che le applicazioni facciano una cosa sola, ma fatta bene: l’esempio viene da app di grande successo lanciate sotto il marchio di mensili come Wired e Glamour, gratuite ma capaci di generare utili grazie agli sponsor, attirati dall’alto numero di download. Un altro tentativo sulla strada irta di difficoltà ma allo stesso tempo entusiasmante del giornalismo nell’era dei tablet.

Enrico Tamburrini