E’ stato tra i primi eventi della mattinata del 13 aprile, quello su “I grandi media e la ‘disruption’ digitale”, che si è svolto dalle 9:30 nella Sala del Dottorato, durante questa 12^ edizione del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia.
‘Disruption’, letteralmente ‘rottura’, che è stata creata dall’avvento della digitalizzazione. Come hanno reagito i grandi media a questi cambiamenti? Cosa è stato fatto e cosa ancora c’è da fare per offrire un’informazione che stia al passo con i tempi e che vada incontro alle esigenze dei lettori, che sono sempre più immersi in un mondo digitalizzato?
Ne hanno parlato, nella forma di panel discussion, Lucy Kueng, della Google Digital News senior research fellow, Renée Kaplan, del The Financial Times, e Inga Thordar, direttrice della CNN Digital International, con la moderazione dell’incontro di David Levy, direttore dell’istituto Reuters.
Lucy Kueng ha eseguito una ricerca che ha preso in esame varie aziende di informazione e afferma che “negli ultimi anni siamo stati sedotti da Internet. Le organizzazioni del passato, una volta leader del settore, si trovano oggi a combattere con queste nuove organizzazioni: i media tradizionali stanno diventando sempre più poveri, la pubblicità sempre più online. C’è una sfida che porta i media tradizionali a combattere contro le più grandi organizzazioni al mondo, e che si riflette anche nel rapporto con il pubblico: non puoi avere clienti fedeli se non offri loro una buona tecnologia.” In sostanza, afferma la Kueng, in questa fusione di giornalismo, tecnologia e business, si creano quattro aree fondamentali all’innovazione: il business digitale, l’analisi dei dati, i social media e il digital storytelling. Quando questi elementi si fondono, nasce un cambiamento ottimistico interessante, che molto spesso si riflette nella nascita di un “giornalista leader”, che riesce a sviluppare queste competenze e di conseguenza ottiene una fidelizzazione del lettore, un’affezione quasi “amichevole”, un coinvolgimento e un interesse superiore rispetto agli altri.
Renée Kaplan aggiunge qualche commento: “ il cambiamento si accompagna alla complessità. Complessità che appunto i media tradizionali si trovano ad affrontare. Ma non sempre le redazioni sono necessariamente resistenti al cambiamento, spesso solamente lo temono e non sanno da dove partire per poter migliorare le proprie prestazioni. La modalità migliore è quella di darsi degli obiettivi di business, capire come raggiungerli e quale strategia editoriale utilizzare. Allo stesso tempo, è necessario conoscere i limiti della propria redazione e saper rinunciare a qualcosa: bisogna porre obiettivi modesti e raggiungibili man mano che la redazione avanza e cresce. Questo anche per motivare i giornalisti, che ogni volta vedranno l’obiettivo raggiunto ”.
Inga Thordar porta ai microfoni la propria esperienza alla CNN: “Quando sono stata assunta ho avuto la fortuna di essere coinvolta in un grosso investimento nel digitale e mi hanno dato carta bianca. Abbiamo iniziato a lavorare su una conoscenza che nessuno di noi della redazione aveva, e quindi ho iniziato a coinvolgere dei nativi digitali. Nei seguenti quindici anni ho cercato di dare una spinta, e introducendo nuovi metodi, anche i giornalisti hanno avuto modo di vedere il proprio lavoro crescere, e hanno avuto sempre più motivazione per proseguire”.
Baldino Giulia