I numeri in tv (e non solo). I giornali e talk show fra sondaggi e “cartelli”

I numeri in tv ( e non solo). I giornali e talk show fra sondaggi e “ cartelli” è il tema del workshop tenuto a Palazzo Sorbello da Nando Pagnoncelli, presidente IPSOS Italia, Lorenzo Pagliasco, co-fondatore YouTrend, e Alessandra Sardoni, giornalista de LA7.

Pagnoncelli ha aperto con il lancio di un video realizzato dall’osservatorio di Pavia sul tema dei sondaggi. Il giornalista ha osservato, immediatamente, che dal filmato emerge discredito per questo strumento, ma ha ben spiegato due tipi di utilizzo: come mezzo di comunicazione/ propaganda e di previsione.

“L’immagine che ne deriva non è molto positiva nemmeno per il giornalista che si pone in una zona grigia tra previsione e comunicazione politica”, ha osservato Alessandra Sardoni. La giornalista continua “il punto di partenza è che tutti siamo costretti a usare i sondaggi, determinato da un meccanismo ormai accertato per il quale la politica contemporanea vive in uno stato di campagna elettorale permanente”.La conduttrice del programma ‘In Onda’ spiega che nel contesto di un talk televisivo i sondaggi rappresentano un’opportunità che consente al conduttore di uscire da momenti asfittici per proiettare l’attenzione sugli effetti di quello che si sta dicendo. “I sondaggi servono, infatti, a misurare l’opinione pubblica”.“Il grado di fiducia del politico è misurato dai sondaggi. La fiducia è il bene più importante per il politico, attraverso lo storytelling cercano di costruirla e di implementarla, così da generare e accelerare il consenso. La fiducia, infatti, deve essere spasmodicamente ricercata per combattere il principale nemico: l’antipolitica”.

Un aspetto particolare al centro della questione dell’effetto dei sondaggi è la difficile distinzione tra: percezione e realtà .Lo scarto tra la percezione e la realtà è il distinguo della sua affidabilità o meno “la percezione guida i nostri comportamenti e le nostre opinioni. Bisogna muoversi sul campo della verifica per non rischiare di affidarsi a dati che possono essere di propaganda”.

Lorenzo Pagliasco ha sottolineato anche il problema della presentazione dei dati determinato dall’assenza della data o della fonte a fronte delle funzione informativa e strategica.

Pagnoncelli precisa che “il sondaggio è una cosa seria e necessita di capacità, informazione e competenza. Molti istituti sono impegnati nel formare i loro dipendenti per farli confrontare con esperienze internazionali e poter affinare le capacità tecniche .‘Cos’è un sondaggio e a cosa serve?’Molti sondaggi non sono pubblicati per la messa a punto della campagna elettorale, per la verifica del livello di fiducia, ma perché consentono di disporre di una serie di informazioni essenziali per conoscere i cambiamenti sociali profondi. Si parla, infatti, di tecniche di marketing politico. La secolarizzazione rispetto alla politica e la crisi di rappresentanza hanno indotto gli esponenti di partito a utilizzare questi strumenti per individuare le aspettative e capire quanto le loro proposte siano in linea con il proprio elettorato. In ultima analisi, come conquistarsi il consenso”.Per un quadro completo, il giornalista illustra anche gli aspetti negativi: “crea l’opinione e non la misura, finisce col rappresentare, per questo motivo, uno strumento di manipolazione fortemente criticato sin dalla sua nascita (1936 in America). E’ un tentativo di influenzare le opinioni, assurge quindi a elemento distorsivo del principio democratico”.Prosegue facendo riferimento alla suggestione dei numeri e al fatto che in modo errato molti ritengono che il sondaggio sia capace di fotografare l’opinione dei cittadini in termini obiettivi”.

Il giornalista fa una sorta di bilancio dei risultati dei sondaggi circostanziati al momento storico del nostro Paese.“In un periodo di grande incertezza e fluidità aumenta comprensibilmente l’aspettativa di conoscenza dell’esito di una tornata elettorale, ma proprio in quel momento è bassa la capacità di previsione.E’ difficile colmare questa imprecisione per diverse concause: indecisione, la politica non vissuta come centrale nella vita del cittadino, elettorato carsico che riaffiora a tre giorni dalle elezioni, l’offerta politica che cambia”.

Esempio emblematico che condensa questa imprecisione è stata la tempesta perfetta del 2013, definita così da Pagnoncelli in un saggio all’indomani dei risultati della tornata elettorale. “Tutti i sondaggi mostravano una sovrastima del partito democratico, sottostima del movimento 5 stelle, ma alle proiezioni il centro destra era superiore”. Il cortocircuito informativo dipende dall’alto tasso di volatilità, che si traduce spesso nel  tradimento. A fronte di questo è ovvio che l’intervistato non è spinto a dire la verità, per cui è impossibile che il dato finale sia preciso al millimetro.

Secondo Alessandra Sardoni:“ i dati sono un tentativo di ancorarsi alla realtà, ma non si arriva mai a una sua corretta interpretazione. Tutto viene riportato nell’alveo dell’opinabile, anche quello che potrebbe essere oggettivo diventa una materia di pura opinione, ma alcuni dati sono certi, per cui sta anche alla comunicazione politica valutare bene”.

Anche i numeri diventano parte di una narrazione con il sistema dei cartelli, lo stesso sondaggista  veste i panni del narratore, al di là della scientificità del dato che porta durante i programmi televisivi, si lancia nella ritrattistica dell’intrattenimento dell’informazione.

Nei retroscena dei sondaggi pubblicati ci sono i veri sondaggi, quelli segretissimi.Quindi ci sono i sondaggi previsionali, propagandistici e segreti .

Il co-fondatore di YouTrend chiude con il black out dei sondaggi politici nei 15 gg prima delle elezioni. La legge sulla par condicio sancisce anche l’impossibilità di citare sondaggi precedenti.Questo blocco- ritiene- che ha solo prodotto confusione, perché si attivano a effetto domino i sondaggi pseudo-segreti, di cui è impossibile parlare. Tutto finisce per convergere verso la poca chiarezza sull’attendibilità dei sondaggi.

Maria Rosaria Cardenuto