#ijf15 talk – Il regime del Bahrain e la mia lotta per la libertà

Interviene Ali Abdulemam

"Sono stato picchiato e torturato. Ho subito abusi sessuali. Hanno minacciato me e la mia famiglia". Esordisce così Ali Abdulemam. Non un terrorista, non un criminale, Abdulemam è "solo" un blogger, un giornalista, un'attivista, proprio come quelli tanto invocati da Dan Gillmor nell'incontro precedente. Abdulemam è il creatore di Bahrain Online, forum di discussione creato nel 1998 nato con l'intento di permettere ai giovani del paese di raccontare le proprie storie, di raccontare le proprie opinioni sul tipo di cambiamento che volevano per sé e per il proprio paese.  Nel 2002 Bahrain Online, che in 4 anni era già diventato il sito più visitato del paese con 200.000 accessi al giorno su una popolazione di 700.000, viene chiuso dalle autorità. "La censura non funziona- racconta Abdulemam -e così vengo arrestato. Su di me piombano 5 capi d'accusa tra cui 3 di vilipendio al re. Vengo rilasciato, ma nel 2010 vengo nuovamente arrestato per istigazione all'odio e al settarismo". E' in quegli anni che Abdulemam subisce torture fisiche e psicologiche. "Sono stato liberato nel 2011, quando è cominciata la Primavera araba che nel Bahrain ha coinvolto circa il 60%-70% della popolazione. Mi sono nascosto per 2 anni e adesso vivo a Londra. Adesso non possono più torturarmi, ma hanno altre armi. Hanno ritirato la mia cittadinanza, la peggiore delle punizioni". Per un uomo, su cui il cui paese di origine ha riversato tutta la propria violenza, la peggiore delle pene non è la tortura, bensì il ritiro della cittadinanza. Se non è questo attivismo. Abdulemam continua e porta anche dei numeri: ''Mentre vi parlo più di 15 fra attivisti, fotografi, blogger sono in carcere perché hanno cercato di dire la verità alla popolazione. Più di 20 persone vivono in esilio perché non possono tornare in patria. A 72 persone è stata tolta la cittadinanza. Perché? Il Bahrain è una dittatura assoluta, le autorità non ammettono contraddittorio e la libertà di espressione che potrebbe portare alla ribalta i tanti problemi del nostro paese. Perché facciamo questo? Ricordo che, quando nel 2011 sono arrivati nella mia casa per arrestarmi, mia zia mi chiedeva di smettere per il mio bene e per quello della mia famiglia. Io non voglio che mio figlio viva con la stessa paura con cui ho vissuto io e ha vissuto anche mio padre quando veniva trattato da schiavo. Voglio che se mio figlio sogni un giorno di essere Primo ministro, lui potrà diventarlo se ne sarà capace e qualificato. Un nuovo futuro per il mio paese è possibile, bisogna partire proprio dalla scoperta della nostra libertà d'espressione". Uno scroscio d'applausi ha accompagnato l'uscita di scena di Abdulemam le cui parole e storia mi hanno particolarmente indignato, colpito ed emozionato.

Riccardo Aulico