Il caso di Jamal Khashoggi: il giornalista del Washinton Post ucciso nel consolato saudita ad Istanbul

Francesca Caferri (giornalista di Repubblica), Aparisim "Bobby" Ghosh (giornalista americano di origini indiane), Iyad el-Baghdadi (intellettuale e attivista arabo) e Margherita Stancati (corrispondente per il The Wall Street Journal) raccontano della sparizione del giornalista siriano Jamal Khashoggi, avvenuta il 2 ottobre scorso, cha ha causato un’indignazione popolare tale da mettere in discussione i rapporti politici che i vari paesi del mondo avevano instaurato fino a quel momento con l’Arabia Saudita.
I fatti: Khashoggi non è mai più uscito dal consolato siriano di Istanbul dove si era recato per risolvere una questione burocratica personale. Nel suo paese di origine era considerato una minaccia e perseguitato. Dagli Stati Uniti, dove si era autoesiliato, continuava la sua battaglia contro il regime totalitario.
“Non sappiamo la vera ragione– dichiara Iyad el-Baghdadi–che ha portato al rapimento, alla tortura e all’uccisione di Jamal”, che secondo fonti investigative sarebbe attribuibile al governo saudita.
In Arabia convivono delle forti contraddizioni. Se da un lato, negli ultimi tre anni, la segregazione di genere è diminuita, le donne possono guidare, è possibile andare concerti e la Polizia religiosa non può più arrestare. Di contro, sono stati effettuati molti arresti e la repressione dei dissidenti non è cessata.  “Mohammed bin Salman è il vero nemico di sé stesso -sostiene Margherita Stancati (The Wall Street Journal) - si è presentato al mondo come un riformatore, liberalizzando socialmente il paese ma non politicamente, soffocando il dibattito sociale.” Ha provato a dare un volto nuovo al paese, cercato l’approvazione del presidente Trump e iniziato progetti commerciali con Jeff Bezos, CEO di Amazon. Ma l’attribuzione mediatica dell’omicidio del giornalista al regime totalitario saudita ha cambiato la situazione, e tutte le trattative si sono bloccate.
Bezos, in quanto direttore del Washington Post, minacce per limitare la libertà di espressione del suo giornale, ma non ha interferito sulla politica editoriale del suo giornale, che ha continuato ad ospitare articoli contro il regime Saudita. Gli Stati Uniti, continuano a mantenere un atteggiamento tollerante edhanno preferito il silenzio istituzionale, che ha contribuito a dare alla storia ancora più importanza.
Il Washinton Post ha dato risonanza alle parole di Jamal Khashoggiquando era in vita e ancora di più lo sta facendo dopo la sua morte.

BRIGIDA RASO - volontaria press office IJF19