Hotel Sangallo, ore 11.00
Da anni ormai è aperto il dibattito sul futuro dell'informazione, ma poche sono ancora le risposte certe, tante le idee. Una di queste, il live blogging, si sta diffondendo a macchia d'olio, essendo utilizzato per diffondere notizie quasi nel momento stesso in cui accadono. «È difficile sapere se l'articolo tradizionale sia morto o no, e se il live blogging è la novità oppure il complemento dell'articolo tradizionale» spiega Bertrand Pecquerie, di Ceo, Global Editors Network. Proprio Pecquerie, nel lontano (ma non troppo) 1995, ha dato il via in Francia al live blogging, seguendo per conto di Libération il Tour de France. Twitter, Facebook, sono mezzi che permettono di aggiungere commenti a notizie pubblicate da pochissimi secondi, coinvolgendo così sempre più persone. Per questo motivo i social network fanno parte di questa rivoluzione. Ma ogni rivoluzione, almeno all'inizio, può presentare difficoltà ed imprevisti. È quanto successo in Francia durante le ultime tornate elettorali, quando il server che era deputato ad aggiornare sui dati elettorali, è andato in crash, creando non pochi problemi, e portando alla luce il problema della grandezza del server. Senza un apparato adeguatamente dimensionato, il live blogging è impossibile da portare avanti. La nascita del live blog come lo conosciamo adesso, si fa risalire alla primavera araba. In quei drammatici giorni Al Jazeera ha aperto i suoi canali di comunicazione, aggiornando in tempo reale sugli avvenimenti di piazza Tahrir, in Egitto. Video in diretta, commenti, un live blogging che dava copertura amplissima della rivoluzione. Tutte le redazioni hanno sfruttato la copertura fornita da Al Jazeera, che lavorava a stretto contatto con le redazioni. Il direttore della parte interattiva del New York Times, Aron Pilhofer, ha ricordato come le prime versioni di live blog erano noiose, stringhe di testi prive di vita. Ma oggi tutto è cambiato: «per la cerimonia degli Oscar abbiamo messo in pratica il live blogging, interagendo con i lettori, una conversazione bidirezionale. Questo perché il nuovo blog del New York Times è molto meglio di quello vecchio. Streaming live a destra e live blog al centro». Una finestra nuova che si è aperta nel mondo dell'informazione, e che in occasioni particolari, come ad esempio quando si scatenò l'uragano Sandy, viene utilizzata in maniera differente. «Le persone si rivolgevano a noi con un atteggiamento diverso – commenta Pilhofer - , perché quando un uragano si abbatte su una città non siamo più un organo di informazione, ma un mezzo che può salvare vite. Noi prendiamo molto sul serio questa cosa. Le persone vogliono sapere cosa succede in questo preciso istante, e il live blog è quello che serve in queste occasioni. Tutte queste informazioni finiscono ovviamente nel giornale del giorno dopo. Sandy è stato un esperimento interessante, e lo stesso anche per la strage di Boston». Il vantaggio è che il blog permette di sfruttare le risorse giornalistiche facendole operare direttamente sul campo, ma in perenne contatto con la redazione. «Questo ha avuto una conseguenza interessante per la redazione tradizionale. D'un tratto i giornalisti politici hanno iniziato a diffondere notizie mentre i fatti erano ancora in corso» conclude Mario Tedeschini Lalli.
Valerio Lai