Il giornalismo dopo Snowden: il futuro dell’informazione libera nell’era della sorveglianza

Come sta cambiando il modo di fare informazione nell'epoca della sorveglianza costante da parte dei governi di tutto il mondo. Questo il tema al centro del panel moderato da Charlie Beckett, direttore Polis e professore, il quale ha sottolineato che il giornalismo investigativo dopo Snowden è in momento particolare perché oggi anche altre autorità hanno lo stesso potere tecnologico usato dai giornalisti nel loro indispensabile lavoro. Ha parlato del mutamento del giornalismo da quando, nel 2010, Wikileaks ha pubblicato migliaia di dati che riguardavano i governi di vari paesi in tutta la Terra.
Janine Gibson, direttrice BuzzFeed UK, con rammarico dice che sarà sempre più difficile tutelare le fonti. Serve molta cautela nel loro uso a partire dal primo contatto, dal quale spesso si riesce a risalire a tutti gli altri contatti usati dai giornalisti. La crittografia resta un metodo fondamentale in questo lavoro e bisogna avere degli strumenti migliori e sicuri. In realtà, ammette la direttrice, strumenti più adeguati esistono ma sono alquanto difficili da utilizzare e quelli che loro attualmente usano non sono più adatti per essere abbastanza protetti e per tutelare le fonti. Oggi la situazione è diversa e peggiorata ma il giornalismo investigativo è vivo, è la migliore opposizione che esiste. BuzzFeed ha un reparto che si occupa proprio della sicurezza per i giornalisti, un modo per prepararli a tutto. Oggi bisogna dare sempre più importanza alla propria reputazione anche per fare la differenza con chi crea fake news. Bisogna mostrare esattamente il lavoro, anche le fonti e le tecnologie utilizzate in modo che le persone si fidino del lavoro dei giornalisti: bisogna spiegare la metodologia per avere il sostegno dei lettori.
Dan Gillmor, Università dell'Arizona, ha sottolineato la necessita del giornalismo di cambiare. Non dobbiamo abbandonare il nostro ruolo di giornalisti nonostante la volontà di sorveglianza da parte dei governi, ha detto. I giornalisti devono coinvolgere il pubblico, i lettori. Non si tratta di proteggere solo se stessi come giornalisti ma diventare degli attivisti. Oggi gli strumenti esistono ma sono difficili da utilizzare per la crittografia, come per le caselle e-mail, per esempio. Anche Google aveva promesso un metodo di crittografia ma non ha adattato ancora Gmail, ha sottolineato. Secondo Gillmor servono strumenti per tutelarsi dalle varie giurisdizioni prevedendo tempi duri per i giornalisti degli Stati Uniti.
Taylor Owen, Università della Columbia Britannica, si occupa di giornalismo digitale, ha parlato dei tentativi dei governi di sorvegliare il giornalismo con la scusante della sicurezza nazionale: motivazione che ha funzionato. I giornalisti hanno, però, evidenziato questa pratica dello Stato e sono riusciti a sensibilizzare l'opinione pubblica che ha compreso e aiutato a portare a galla numerosi casi. Oggi tutti sanno che sono sorvegliati e che si utilizzano strumenti tecnologici per raccogliere migliaia di dati. Owen ha sottolineato la necessità di proteggere le fonti. Ha poi evidenziato che prima delle rivelazioni di Snowden tutti erano d'accordo sulla trasparenza e sulla funzione civica del giornalismo. Dopo il caso di Wikileaks sono tanti in tanti a cambiare idea temendo reazioni da parte dei governi. Quel livello di apertura iniziale, difatti, aveva consentito ai giornalisti di eludere la sorveglianza dello stato ottenendo molti dati in più, informazioni usate per produrre numerose inchieste.
Un giornalismo in corsa con nuove sfide nella tutela delle fonti ma soprattutto della propria reputazione.

Alessandro Bottone