Il ruolo dell’Italia e dell’Europa nella lotta alla povertà: le nuove sfide verso il 2030

Si è tenuto giovedì mattina nella Sala dei Priori dell’hotel Brufani, l’incontro su “Il ruolo dell’Italia e dell’Europa nella lotta alla povertà: le nuove sfide verso il 2030”, promosso dal Festival del giornalismo in collaborazione con Act!onaid. La giornalista RAI Valentina Antonello ha incontrato e intervistato tre diversi attori sociali che, a vario titolo, concorrono alla realizzazione delle politiche di cooperazione allo sviluppo: dal mondo delle istituzioni e della politica Marina Severi, vicepresidente della Camera dei Deputati; da parte delle Ong e a difesa del loro continuo lavoro Marco de Ponte, segretario generale di Actionaid; per la comunicazione e il giornalismo Lorenzo Robustelli, direttore di eunews.it.

Il panel dicussion ha cercato di capire i risultati e gli insuccessi che l’Italia, inserita in una cornice più ampia come quella europea, è riuscita a raggiungere sull’ampio tema della lotta alla povertà nel mondo. Maria Severi ha aperto il dibattito anticipando che il 2015 è un anno cruciale in tal senso; innanzitutto perché è l’anno in cui scade il piano quindicennale sulle politiche di sviluppo promosse dalle Nazioni Unite e che vedrà il suo compimento nell’Assemblea generale delle Nazioni Unite di settembre. Gli Obiettivi di sviluppo del millennio (MDGs), a seguito dell’approvazione da parte dell’Assemblea generale, verranno sostituiti dagli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), i quali sono il risultato di un processo di ampia partecipazione istituzionale che hanno riportato l’attenzione dell’«agenda globale» sullo sviluppo sostenibile, individuando 17 intenti che dovranno essere realizzati entro il 2030. In secondo luogo, perché l’Unione Europea ha proclamato proprio il 2015 come “anno dedicato allo sviluppo”, e lo farà attraverso tre vertici internazionali ad Addis Abeba, New York e Parigi. Inoltre, l’Italia proporrà agli stati membri dell’UE la creazione di un “consiglio nazionale della cooperazione” allo scopo di creare una interconnessione tra le diverse politiche messe in atto dai 27 paesi, sotto la guida di Bruxelles.

Marco de Ponte, da anni impegnato nel settore del no-profit, ha sostenuto la necessità di creare una nuova «democrazia del cibo» in cui gli ingredienti che lo formano, come acqua, terra e sementi, non siamo visti solo come prodotti di aiuto umanitario, ma anche come grandi vettori per la risoluzione di «importanti battaglie di civiltà», come ad esempio quelle che interessano l’area del Mediterraneo. Come si crea però “fame” nel mondo? Basti pensare, in riferimento ad una ricerca condotta proprio da Act!onaid, che un pasto di una mensa collegiale italiana ha un costo che oscilla tra un euro e cinquanta e sette euro; questo dato enfatizza innanzitutto la larga forbice che esiste tra i diversi distributori alimentari ma anche lo spreco e il ricarico sul risultato finale: solo un terzo del costo complessivo, infatti, riguarda il cibo mentre il restate viene speso in packing, trasporto, provvigioni. La lotta alla fame nel mondo implica anche uno sforzo collettivo. Ma quante persone sono realmente informate o interessate a queste politiche?

L’80% dei cittadini europei, secondo una ricerca condotta da eunews.it, dichiara importante l’aiuto alimentare e anzi il 60% di essi crede che queste politiche debbano essere aumentate. Solo il 50% però dichiara di essere informato sull’argomento. Un divario ampio che per Lorenzo Robustelli, è dovuto spesso all’eccessiva informazione sull’argomento. Una redazione, infatti, riceve giornalmente «un alluvione di comunicati stampa» sul tema. Manca quindi, e questo emerge anche dal dibattito, una coerenza e linearità di informazione che spesso causa una passività completa da parte degli utenti.

Marilde Iannotta