Guido Romeo, cofondatore Diritto di Sapere, ha introdotto il panel sostenendo che il FOIA può essere un aiuto fondamentale per i giornalisti, nonostante in Italia persista una cultura amministrativa ancora basata su vecchi provvedimenti dove viene chiesto ancora il motivo nel momento in cui viene formulata una richiesta di accesso agli atti della pubblica amministrazione. La situazione é sicuramente migliorata ma tocca fare i conti anche il numero di richieste di accesso che al momento non hanno ricevuto risposta. Sono il 72 percento di quelle inoltrate utilizzando il FOIA attivo in Italia da pochi mesi. Sono diversi i motivi che rendono l'accesso agli atti ancora con troppi ostacoli. In molti casi dipende dalla formazione del personale, in altri dalla disorganizzazione degli uffici. Ma sono tante anche le situazioni in cui gli atti vengono negati perché persistono irregolarità specie nell'utilizzo di denaro pubblico.
Peter Gomez, direttore Il Fatto Quotidiano online, ha detto che il suo giornale lavora molto su inchieste con la tecnica dell'accesso agli atti ma anche grazie a informazioni ottenute a contatti informali all'interno delle organizzazioni. Quando non vengono rilasciati gli atti c'è sempre il sospetto che si voglia nascondere qualcosa, ha detto. Sono numerosi i tentativi di accesso agli atti ostacolati e che non hanno ottenuto risposta. Gomez ha esemplificato alcuni casi su cui ha lavorato il suo giornale e che hanno avuto un lungo trascorso. "Vorrei che le agende di chi ricopre incarichi pubblici fossero aperte a tutti" ha detto Gomez riferendosi alle spese folli del dirigente di una società italiana importante. Il FOIA, secondo lui, non è perfetto ma sicuramente migliore dei provvedimenti precedenti. Si dice ottimista sulle richieste inoltrate e su cui lavorerà prossimamente.
Helen Darbishire, fondatrice Access Info Europe, ha detto che l'utilizzo dello strumento di accesso agli atti è fondamentale per i giornalisti per ottenere informazioni da parte degli organismi pubblici. Nel momento in cui viene ostacolato l'accesso si nega il diritto alla libertà di espressione. Sicuramente i tempi di accesso agli atti sono troppo elevanti per i giornalisti. Quindi, servono altri metodi per l'accesso perché le scadenze dei giornali e dei giornalisti sono strettissime. È comunque un passo importante, dice, raccomandando che non bisogna essere censori di se stessi ma chiedere sempre informazioni che si stanno cercando. Serve tempo ma tocca essere lungimiranti. Alla domanda dal pubblico sui limiti di accesso rispetto alla privacy delle persone Darbishire ha affermato che la vita privata deve essere comunque protetta e tutelata e che le richieste possono anche essere formulate chiedendo solo specifici dati.
Stefania Maurizi, giornalista e scrittrice, ha seguito il caso Assange. Ha chiesto l'accesso agli atti in Svezia, Inghilterra, Ecuador e Stati Uniti ottenendo solo 226 pagine dell'inchiesta che riguardano il fondatore di WikiLeaks. Il tutto grazie al FOIA che ha permesso di entrare in possesso di importanti documenti. La sua richiesta é stata inoltrata a differenti autorità nei diversi paesi. Molte delle informazioni che ha ottenuto sono state poi riprese dai giornali. Dai documenti ottenuti ha potuto scoprire che Assange si sia messo a disposizione delle autorità giudiziarie sia dal primo momento mentre si è opposto all'estradizione in Svezia perché ha paura che il paese nordico lo possa estradare negli Stati Uniti. Maurizi ha detto che la Svezia ha una legge formidabile per l'accesso agli atti mentre l'Inghilterra non ha voluto fornirle nessun documento: per questo motivo è partita la causa. Per la prima volta è stato portato in tribunale il diritto di un giornalista di accedere agli atti.
Gavin Sheridan, cofondatore e CEO Vizlega, parla della situazione in Irlanda. Li effettua regolarmente richieste di accesso per la sua attività giornalistica. Dice che bisogna pubblicare online i documenti che si ottengono anche per capire le reazioni del pubblico di fronte alle informazioni ottenute. Il pubblico deve essere messo a conoscenza di tutto il processo, sia dalla prima richiesta e sui successivi sviluppi. Oggi il FOIA prevede che le richieste possono essere inoltrate anche verso altri paesi con giurisdizioni diverse. Il giornalista deve saper costruire storie su tutte le richieste inoltrate, anche quelle rifiutate. In ogni caso bisogna provarci sempre perché il lavoro del singolo spiana la strada anche per quello degli altri e alle richieste successive.
Ancora lunga la strada ma almeno un passo avanti per ottenere informazioni essenziali alla professione dei giornalisti e alla vita democratica di ogni paese.
Alessandro Bottone