Ore 16.30 – Sala dei Notari
Peter Bardy (direttore Aktuality.sk), Carlo Bonini (inviato speciale e giornalista investigativo, La Repubblica), Maria Gianniti (inviata sezione Esteri, Rai 1), Alan Rusbrigder (ex-direttore di The Guardian), Corinne Vella (direttrice di Taste&Flair, sorella di Daphne Caruana Galizia)
I protagonisti dell'incontro (ore 16.30 in Sala dei Notari) sono due giornalisti investigativi, Daphne Caruana Galizia e Ján Kuciak. Non sono presenti in sala, perché uccisi – probabilmente dai loro stessi governi – meno di un anno fa.
A raccontare le loro storie ci sono la sorella di Daphne, Corinne Vella, e il direttore della testata dove lavorava Ján, Peter Bardy: sotto la guida di Carlo Bonini e Maria Gianniti, affiancati dal commento autorevole di Alan Rusbrigder, ripercorrono le settimane successive alla morte dei due giornalisti.
La prima constatazione, consapevole, da entrambe le parti, è che il problema dell'incolumità di chi svolge inchieste giornalistiche esiste da sempre, ma ancora non si è trovato un modo per tutelare queste persone. Ad esempio, spiega Carlo Bonini, quando un giornalista accede ad informazioni semi-pubbliche, ha il dovere di informare il soggetto coinvolto, rendendolo così al corrente della ricerca in corso e diventando a sua volta vulnerabile.
In entrambi i casi, inoltre, la morte dei giornalisti non ha suscitato una risposta forte e univoca da parte degli organi di stampa nazionali: tanto a Malta (dove per il giornalismo indipendente non c'è spazio) quanto in Slovacchia (dove la stampa è debole e non indaga a fondo), è mancata una presa di posizione comune verso l'indegno attacco sferrato alla libertà di stampa. Anzi, in alcuni casi è sembrato che la stampa volesse sminuire l'accaduto e relegarlo all'ambito della cronaca.
La domanda, però, non è soltanto “cosa possono fare i giornali?”: anche i lettori e l'audience dovrebbero sentirsi coinvolti, perché la morte di un giornalista europeo riguarda tutti coloro che sono cittadini dell'UE. Si deve comprendere il rischio che corre la comunità, quando la stampa viene delegittimata da chi governa o da una collusione diffusa. Si deve diffondere la consapevolezza che il giornalismo non è contro la gente, ma per la gente: è uno strumento essenziale di democrazia.
Le dimostrazioni di protesta, dopo la morte di Daphne e Ján, sono la prova che i loro messaggi non sono caduti nel vuoto, che le persone avevano fiducia in loro e anche chi non li conosceva adesso sa qualcosa in più.
Un'altra categoria di soggetti a rischio, inoltre, è quella dei whistleblower (coloro che rivelano ai giornalisti informazioni essenziali), perché spesso anche loro subiscono ritorsioni, arresti, minacce. A livello transnazionale occorrono accordi forti, una direttiva europea che tuteli queste persone, che sono fonti preziose nella lotta alla corruzione e nella salvaguardia della sicurezza pubblica.
Ancora in Sala Notari, alle ore 21, verrà presentato “Daphne, Execution of”, docufilm a cura di Repubblica e 42° Parallelo, che ripercorre gli ultimi mesi di vita della giornalista maltese, attraverso le voci di chi le era vicino.
Rebecca Mellano