Informare dalle zone di conflitto

Veridicità e fonti, due nodi centrali e fondanti della professione del giornalista. Qual è il rapporto con le fonti? Come si preserva l’integrità professionale stabilendo relazioni con le rappresentanze governative? Cosa dire o non dire? La questione, già delicata di per sé, diventa più complicata se si fa informazione direttamente dalle zone di conflitto. La figura del giornalista è sempre più scomoda in quella che si delinea come una vera e propria guerra all’informazione.
Nel panel, tenutosi in Sala Raffaello, si è cercato di rispondere a queste domande, alla presenza di Clark Bentson, giornalista di ABC news, Christopher Prentice, ambasciatore britannico in Italia, Stefan Wolff dell’Università di Birmingham e Aine Kerr, direttrice di Storyful, il tutto coordinato da Lucy Marcus, CEO di Marcus Venture Consulting.
Fiducia, è  stata la parola chiave dell’incontro. Difficile dire che cos’è che crea la fiducia e stabilire quale sia la fondatezza delle informazioni ricevute o se sono state dette nell’interesse di qualcuno. D’altra parte anche le stesse istituzioni devono essere selettive nel condividere informazioni con i giornalisti, poiché si corre il rischio di compromettere operazioni  a scapito della sicurezza di più parti. Certamente onere per i giornalisti è quello di motivare l’affidabilità delle notizie che diffondono.
Una parte della sfida è quella di capire perché si hanno dei punti di vista, senza necessariamente giudicare o parteggiare. Caso particolare è quello dei giornalisti embedded, che hanno a disposizione una sola lente, ma in quel caso spetta all’integrità del giornalista raccontare quel che si vede e valutare, non facendosi travolgere dall’avidità dello scoop.
In una società immersa nei media lo status di testimone e interprete della realtà del giornalista concorre con il cosiddetto citizen journalism. I media non hanno più il predominio nella trattazione della notizia, contributi importanti, infatti, derivano da semplici testimoni oculari o dagli stessi protagonisti dell’evento, caso emblematico è l’Isis. Bisogna fare, però, molta attenzione nel controllare e verificare che non ci sia stata manipolazione, è quello di cui si occupa ad esempio la compagnia Storyful che dopo una meticolosa attestazione distribuisce gli User Generated Content ai diversi media.
Sono sempre, dunque, gli strumenti tradizionali, quali la verifica delle fonti e l’integrità professionale, a permettere di districarsi in un mondo sempre più caotico.

Alina Dambrosio