Le sue vignette hanno raccontato il mondo arabo in fermento e hanno fatto di lui “il vignettista della rivoluzione”. Khalid Albaih stamattina alle 12, nella sala Raffaello dell’Hotel Brufani, ha risposto alle domande della giornalista di Repubblica Francesca Caferri sulla sua vita e il suo lavoro di vignettista.
Sudanese di base in Qatar, Khalid Albaih ha iniziato a disegnare mentre frequentava l’università e, dopo aver tentato senza successo di pubblicare i suoi lavori sui giornali, ha trovato il suo spazio su internet. Perché internet, racconta, per molti giovani come lui è diventato l’unico luogo in cui esprimere le opinioni soffocate in piazza e in cui sviluppare reti di creativi. Le sue immagini però, un tempo rifiutate dai giornali perché troppo grafiche e troppo nuove, hanno travalicato lo spazio del web e, trasformate in stencil, hanno invaso i muri dell’Egitto nei giorni di Piazza Tahir.
Oggi i lavori di Albaih, “la matita delle rivoluzioni”, come lo ha chiamato Caferri durante l’incontro, sono conosciuti in tutto il mondo e pubblicati dalle più grandi testate internazionali. Lui continua a disegnare con il suo stile semplice e diretto. Inizia sui suoi tanti quaderni sparsi per la casa, come racconta, e poi dalla carta tutto finisce sui social network. La sua pagina Facebook, Khartoon, ha un nome che ne unisce due: quello della sua città di origine, Karthoum, la capitale del Sudan, e cartoon, che significa vignetta.
Albaih disegna per colmare un divario tra il mondo arabo e quello occidentale, ma anche per superare i troppi limiti, per cambiare il punto di vista delle persone.
“La mia vita è in pericolo per quello che faccio – spiega – ma ci sono migliaia di persone come me di cui non sentirete mai parlare”. E tante altre, ci spiega, che muoiono nelle piazze. “Io, invece, mi limito a disegnare. È il minimo che possa fare”.
Federica Chiara Delogu